giovedì 11 marzo 2010

Canale Mussolini e il bastardo

Lidano Grassucci 
Leggo, o meglio inizio a leggere, “Canale Mussolini” di Antonio Pennacchi, edito da Mondadori distribuito da qualche giorno nelle librerie. A dire il vero lo aspettavo questo libro, per curiosità, poi è stato Massimo Passamonti a “ricordarmelo”.
E, le cose non capitano mai a caso, sento che hanno mappato il genoma di Tutu. Lui è bantù ma gli hanno trovato tracce di una lontana ava boscimane. Bantù e boscimani si odiano da secoli, ma pare si siano, stando al genoma di Desmond Tutu, anche amati e tanto. Confesso: sono nazionalista setino, iperlepino, marocchino di cultura ma nella pancia resto mezzo cispadano, e pure la faccia tengo da cispadano.
Leggo il libro e trovo il “genoma”  della mia gente, i Bergamin. A dire il vero resto basito, sono i racconti della saga familiare che mi faceva nonna Gilda Pagin (nonno Graziano non l’ho conosciuto è morto a Piazza del Quadrato per via di un bombardamento americano che sfiga lo prese in pieno, morto in città lui contadino, morto per mano americana e io amo l’America, boh va a capire), zio Tony. Quella lingua veneta che mi portò al mio primo pianto disperato quando tornato da Sezze al podere noi mi chiede di “tore la carega”, e io giravo a vuoto per cercare questo mostro di carega che non ho mai trovato. Fino a quando nonna mi abbracciò consolando i miei lacrimoni: “la sedia, la sedia. Figlio mio”.
Quando leggevo i libri di Rigoni Stern e la saga della sua gente di montagna, le terre di Piemone, di Lajolo, di Fenoglio, di Pavese. Insomma racconti di gene e di posti, di storia passata per gente e per posti. Della mia terra niente, come se la storia qui saltasse il raccontarsi, come se non fosse degna di ricordi. Certo i miei canali non erano il Po, quando straripano fanno meno paura perché la terra qua è strappata all’acqua da poco. Qui la gente ha passioni sopite non è di sangue come i personaggi di Giovannino Guareschi.
Gente che forse ha quella “furia”  che esplode nei Peruzzi a sorpresa, contro il fattore o contro gli uscieri. Ho sempre creduto che questo posto sarebbe diventato qualcosa, quando qualcuno iniziava a scriverne. Leggo dei Peruzzi e mi ritrovo. I racconti sono come il cinema: nella Rosa purpurea del Cairo quello del film entra nella vita, che è specchiato quello che fa lo spettatore in ogni film. Sono entrato in questa saga, ho trovato mie cose intime, mie cose da ridere. La fame che Pennacchi racconta è stata la risposta che mi ha dato nonna Gilda quando le ho chiesto: perché sei venuta qui se Piazzola sul Brenta era così bella? E lei mi ha raccontato dei fattori, della fame, delle fabbriche chiuse. “Per la fame. Siamo venuti giù per la fame. E perché se no? Se non era per la fame restavamo là. Quello era il paese nostro. Perché dovevamo venire qui? Lì eravamo sempre stati e lì stavano i nostri parenti. Conoscevamo ogni ruga del posto e ogni pensiero dei vicini”. Cosa volete mi sono stupito. Mi perdonerà l’autore se ho usato il suo libro per ricordare un mio mondo perduto e l’abbraccio di mia nonna per via della lingua, per via della Babele della mia famiglia bastarda, sospesa, in cerca di un filo perché di fili ne aveva troppi.
Sono stato di recente a Verona, il tassista che ci accompagnava ci ha guardato: “romani?”. Io: “no, cispadani”. Quello mi guarda e insiste: “da dove venite?”. Gli rispondo: “da qui, ma voi non ci ricordate”. Un bel libro, un libro che andrebbe letto nel Veneto grasso di oggi, nell’Agro pontino vuoto di storie di oggi.
Grazie Antonio, e questo mio pezzo nulla toglie alla tua grandezza, ma volevo dire che mi sta piacendo.

3 commenti:

  1. io non sono nè cispadano, nè marocchino
    sono di un posto dove tutti e due sono solo "burini"
    quindi non ho particolari "interessi personali" sul libro. rimane però che è il romanzo di un popolo, una saga umana - inevitabilmente proiettata nella storia - degna della migliore tradizione letteraria.

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  2. lo sto leggendo e mi sta piacendo.
    Io sono delle langhe e i racconti di mio padre, orfano di guerra, primogenito e venduto a 11 anni ad una cascina di Bra ,sono molto simili ad alcuni passaggi "famelici del libro

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  3. un bel romanzo, davvero
    ha i suoi difetti (chi non li ha?) ma acchiappa!
    l'ho letto e riletto
    e domani (o domenica) gli dedicherò un post

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