Lidano Grassucci
«Che bel cappello di pelliccia che hai». Le avevo detto così quel giorno che c’eravamo incontrati nella sala riunioni della Confagricoltura. Del resto che ne potevo sapere: lei, Anita, era sempre elegante nel vestire nel portamento, nei modi. E quel cappello era un vezzo, almeno a me pareva un vezzo. Lei non si scompone, mi guarda con gli occhi grandi e il solito sorriso e mi dice: «Guarda che sto male…». Io sarei sprofondato, volevo giocare a fare i complimenti come si fa per educazione quando si incontra un’amica. E invece lei mi ha raccontato di un “piccolo problema”. Poi l’ho rivista tante volte e ho cercato sempre di giocare con l’ironia della vita per non pensare e non farla pensare a quel “piccolo problema”. Lei ogni tanto ribadiva che la stava combattendo la sua battaglia, che ci credeva in quella battaglia. Io credo che tutti combattiamo la medesima battaglia, che è quella di vivere. Lei sorrideva quando ci siamo messi a giocare sui ricordi dell’adolescenza, di quando quelli della mia generazione, maschi e femmine, si sono emancipati, o hanno cercato di farlo, dalle loro famiglie. E così i ricordi di questa nostra generazione, che sognava il mondo bello e si ritrova a vivere, o ha vissuto, in un mondo normale ci facevano pensare ad altro. Poi i nostri incontri si sono diradati. Mi comunicava su facebook che le piaceva qualche nostro articolo, o ci incitava a continuare nel nostro lavoro. La foto era di lei sorridente, forse in montagna tra la neve o al mare adesso non ricordo bene, ma comunque è la foto di un posto dove era stata e dove c’era tanta vita. Ecco la voglio ricordare così questa donna che ingiustamente è andata via. E io e gli altri siamo ancora qua a raccontarci le storie che forse servono a poco. Ma credo che un messaggio lei lo voleva dare, che è quello di una vita che va vissuta fino all’ultimo istante per il tempo che ci è dato nella speranza che il tempo che manca non esiste e quindi lo dobbiamo pensare senza fine, il nostro tempo. Era veramente elegante con quel cappello di pelliccia, perché la bellezza resta se ce l’hai, anche con i “piccoli problemi” o con le grandi disperazioni o con il sorriso. Io la saluto pensando e sperando che la sua speranza è la mia speranza e quella di tutti quelli che l’hanno conosciuta che lei ha vissuto il suo tempo nella maniera giusta. Sorridendo appunto. Ciao Anita e non penso che incontrerò un’altra donna capace di indossare con la tua eleganza quel cappello di pelliccia davanti e con dentro un “piccolo problema”. Grazie per il tuo coraggio e ciao. Ci rivediamo.
Nessun commento:
Posta un commento