Lidano Grassucci
Il monumento all’aviatore è lì, tra due centri commerciali, palazzoni pensati negli anni ’70 quando erano in voga utopie urbanistiche da uomini non eguali nell’opportunità ma identici nella vita. Ci penso mentre presentiamo il libro di Euro Rossi su “Il monumento inaugurato due volte” della Herald editore. “Questo è un segno della città”, dice l’assessore Guercio. La collega Forlivesi ricorda di una mamma a cui aveva chiesto giudizio su quel monumento che ha riportato la considerazione del figlio: “l’aereo vola”. Come se, prima della seconda inaugurazione e della sistemazione definitiva, pareva non volare. E’ vero è un segno della città, è un segno dentro la parte della città più pianificata (stava nel piano Cervellati), ma anche della parte meno umana.
a-umano degli anni ’70 lavora e consuma, non ha bisogno di piazze.
Ecco le piazze sono inutili per questa dimensione umana, non c’è bisogno di scambiarsi opinioni, di contraddittorio, di oziare al bar. Ci si deve muovere.
Ecco perché il monumento è inaugurato e dimenticato, è rifatto e, rischia, di essere ridimenticato. Durante le cerimonie ufficiali lì in mezzo sembrano esserci tanti naufraghi e la gente li guarda strano dalla terrazza del centro commerciale. Latina nasce geometrica, quadro e squadro, negatrice di fantasie umane. Piazza del Popolo è a-umana per un’altra ideologia che vedeva nel “numero la forza”, nella “massa” la misura del consenso al capo. Forse per questa ragione la città ha problemi con la bellezza, non è stata mai umana, mai fatta dagli uomini per se stessi ma sempre pianificata da idee disumane. Per questo la città non ha piazze, intese come luoghi di incontro, di scambio, di mercato. Forse pensare una piazza con la gene normale dentro sarebbe rivoluzionario e forse la condizione per dare un segno che siamo cittadini e non “massa” per una società di identici, o per misurare la forza del capo.
Ecco, servirebbe una piazza, semplicemente.
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