martedì 24 novembre 2009

Non prostituite Latina


 Lidano Grassucci

Ci sono già le luci del Natale, la gente indossa il centro storico come si fa con il salotto di casa quando hai gli ospiti. Scarpe nuove, paletot conseguenti. Il centro è il luogo di quegli appuntamenti non dati, dove trovi le persone senza dirlo prima. Il centro di una città non è un luogo è un bisogno. E’ la testa. Latina ha una testa larga, una testa piena d’aria: calda quando c’è il sole, pulita quando il vento fa da spazzino. E’ bello il centro di Latina per il suo silenzio, per quella dimensione dilatata che non ti soffoca. E’ sempre vuoto anche quando è pieno di gente e di auto, non offende.
Le strade del centro di Latina se le rendi orfane delle auto appassiscono come certi fiori senza acqua. Non c’è luogo più triste dei giardini pubblici, dei giardinetti, sono niente verde, sono inanimati. Latina è il movimento delle auto, è il rumore attutito del motore, è macchina. Anzi Latina è una macchina che ha come sangue il corso ininterrotto delle auto, è città di auto.
E i pedoni? Hanno i portici, percorsi protetti dal sole d’estate e dalla pioggia d’inverno. I pedoni non camminano sulle strade le “impegnano” dei luoghi di scambio. Latina non è neanche nata per i residenti ma per i luoghi pubblici: non c’è una civile abitazione a Piazza del Popolo, vale lo stesso per Piazza della libertà e potrei continuare. Latina è una macchina fatta per le macchine.
Per questo le strisce blu non hanno spazio, non hanno senso, non sono giuste.
Vorrei la mia città come era, aperta. La vorrei generosa, la vorrei come era quando ospitava la gente di Gaeta ed era Gaeta, di Sezze ed era Sezze, di Piazzola sul Brenta ed era Piazzola sul Brenta, di Tripoli ed era Tripoli, di Pola ed era Pola. La vorrei come era Milano di Dalla: “fai una domanda in italiano e ti rispondono in siciliano”.
Mi chiedo qual è il filo di questo posto? La generosità dell’accoglienza, la capacità si essere città non di tutti ma di ciascuno.
San Paolo si è fermato a Borgo Faiti, andava a Roma. Non gli hanno chiesto come pregava, non gli hanno chiesto da dove veniva, dove stava andando. Qui non si chiedono queste cose, qui lo spazio è fermo qui non  si può far pagare l’unica cosa che non è economica perché abbonda: lo spazio.
Ci sono i manifesti con lo slogan “Amo Latina”, chi ama Latina ama una donna giovane e capricciosa, una donna che ammalia i viandanti ma non chiede pegno a chi si ferma. Latina non chiede promesse eterne di fedeltà, ma offre il piacere di quel vento che pulisce le strade larghe, il conforto di quei portici che coprono dal sole quando picchia.
Non fate pagare Latina, non è una puttana ad ore è una città bambina che sta diventando grande e civettuola, non merita il meretricio del suo corpo.

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