domenica 25 ottobre 2009

A Formia il fronte anti - alienazione

Lunedì 26 Ottobre 2009
di Raffaele Vallefuoco

L'alienazione dell’ex Colonia Di Donato e del Seven Up divide Formia. Due fronti accerchiano l'amministrazione che ne ipotizza la vendita. Da una parte i cittadini di Sant'Erasmo e di Gianola che hanno costituito due distinti comitati, dall'altra quelli del Pd che stanno raccogliendo le firme per un referendum cittadino. «La vendita dell'ex colonia Di Donato è uno sfregio ai formiani - affermano in un documento gli esponenti del partito - e in particolare per quelli di Castellone. Quella del Seven Up condanna Formia, e in particolare Gianola, a privarsi di una grande opportunità per lo sviluppo della convegnistica e del turismo. Entrambe le vendite devono essere evitate - pontificano dal Pd -. C'è una sproporzione tra il valore e la potenzialità dei beni che si vorrebbero alienare e quello che poi si andrà a realizzare con i fondi ricavati». Non solo. «Ma c'è anche un'altra grave incongruenza tra le possibilità di introito di risorse per le casse comunali, che sono tante, - precisano - e la decisione di vendere parte del patrimonio comunale. Le potenzialità di entrate sono legate a tutti quei progetti che l'attuale amministrazione ha praticamente paralizzato» continuano dal Pd, rispolverando il leitmotiv della sclerotizzazione della città. «Non c'è solo la riconversione delle aree industriali dismesse ma anche la partita dei Prusst per i quali, ogni anno, i cittadini pagano una polizza fideiussaria a garanzia della volontà dell'intervento». Una riflessione a 360 che ha determinato la raccolta di firme per la consultazione popolare, come prevede l'articolo 21 dello statuto comunale proprio in tema di alienazione dei beni comunali. Ma a dare forza a questa scelta concorre anche il documento che accompagna la petizione a cui stanno aderendo i residenti di Castellone. «Vuole firmare per evitare la vendita della colonia Di Donato?» mi chiede un giovane fruttivendolo vedendomi avvicinare alla vetrina del suo negozio. Attaccato c'è proprio il testo con il quale si esprime «il più fermo dissenso per tale decisione» leggo. Una disamina dettagliata in più punti. Scongiurare la vendita perché: «La colonia Di Donato rappresenta, da molti secoli, la testimonianza della presenza a Formia dei monaci Olivetani, custodi della Chiesa e del corpo di Sant'Erasmo, patrono della città». La struttura  «e il suo terreno annesso rappresentano l'unico grande spazio pubblico dell'intero quartiere che se ne vedrebbe, in caso di vendita, irrimediabilmente, privato». Inoltre «la colonia Di Donato può essere utilizzata per qualsiasi attività di natura culturale, sociale e ricreativa, non solo per il quartiere», spiegano, «ma anche per l'intera città di Formia, così come già previsto dalla precedete amministrazione». Mi interrompe il giovane negoziante: «Vuole firmare, siamo già in trecento?» Ma prima di rispondere continuo a leggere il documento: «Riteniamo pertanto una scelta sbagliata e mortificante per il quartiere e per la città la decisione di alienare e invitiamo a proseguire invece nel progetto del suo recupero integrale, convinti che la sua valorizzazione sia il più grande investimento della città di Formia». Passando per la struttura si vede uno striscione che pende all’entrata. E' firmato con una falce e martello: «La colonia Di Donato come Acqualatiana» accusano. Altro capitolo merita l'ex Seven Up. Anche questa struttura abbondonata è al centro di una petizione popolare. Anche Gianola si sta mobilitando. L’ex discoteca era stata acquistata all'asta dal Comune di Formia. Venderla adesso sarebbe un rischio. Le criminalità organizzate sono in possesso di un credito illimitato, i privati no. La crisi li ha spiazzati. «E' molto strano che un Comune che riceve dallo Stato diversi beni confiscati alla camorra, adesso si voglia disfare dell'unica strutture che è riuscito autonomamente a strappare alle criminalità organizzate» commenta icasticamente Sandro Bartolomeo, capogruppo consiliare del Pd di Formia. 

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