martedì 13 ottobre 2009

Basket senza freni


Paolo Iannuccelli


Eccoci, mancano solo quattro giorni al big match di Reggio Emilia. C’è tanta febbre da far arrivare il termometro a quaranta in vista di questa partita. Mentre a Brindisi i tifosi contestano la società e Massimo Ferrarese, il patron, minaccia giustamente di lasciare il basket, da noi l’aria è tranquilla, serena, salubre, senza fumi pericolosi. Evviva, siamo un esempio di fair play, di etica applicata allo sport. Qui nessuno litiga per un parcheggio o per avere tessere di favore, la maturità è grande, bisogna riconoscerlo. La stesa cosa accade a Reggio Emilia dove il buon Giuseppe Di Manno, fondano, allenatore del settore giovanile granata, aspetta il Latina per vivere aria di casa. E’ alla sua terza stagione in via Guasco, ormai lo considerano uno di loro, è anche il responsabile della foresteria visto che la Trenkwalder “acchiappa” ragazzi in tutta Italia, li seleziona e poi li lancia in prima squadra. Un pomeriggio, Di Manno ha vista entrare diversi poliziotti in palestra mentre stava allenando. Si è allarmato, cosa stava succedendo? Semplice. C’era Walter Veltroni, a Reggio per tenere un comizio, che voleva visitare e scoprire i segreti della cosiddetta “fabbrica dei campioni”. Lui ha spigato al leader democratico ogni particolare della vita dei virgulti reggiani, scelti accuratamente in tutta Italia. Tante ore passate ad apprendere il verbo del basket, uno di loro, nato a Nocera Inferiore, ha giocato anche a Latina sotto la gestione tecnica di Demis Cavina. Si tratta dell’ottimo pivot Luca Infante, poi passato al Brindisi. Anche Perpaolo Picazio, due anni idolo dei fans nerazzurri, è espressione del rigoglioso vivaio di Reggio. Solo ieri ho deciso per quale squadra tifare domenica, essendo nato a Correggio, a soli 16 chilometri dal capoluogo. Avevo un dubbio, subito fugato con la preferenza per Latina per motivi anagrafici. Oggi vorrei raccontare cosa mi spinge a “studiare” da vicino il fenomeno Reggio a canestro. Ventuno aziende hanno aderito al pool, 1700 sostenitori hanno comprato l’abbonamento: sono dati significativi. Questo non per vedere la massima serie, alla quale sono abituati da anni, ma il secondo campionato nazionale. In via Guasco, al PalaBigi, evoluisce il figlio di John Fultz, tiratore celeberrimo che ha infiammato la platea bolognese della sponda Virtus, allenatore della Sicma Sud Latina di Renato Mocellin nel lontano 1979, prima di calcare i parquet con la maglia dello Sporting Lisbona.  Domenica assisteremo a un confronto dal risultato molto incerto, Latina farà di tutto per strappare i primi punti in trasferta e conquistarsi il titolo di matricola terribile della Lega 2. Sognare è sempre possibile, specialmente per chi è spavaldo e sbarazzino come la band di Ciaboco che sa divertire chi se ne intende. A proposito di allenatori, sono riuscito a ricordarmi chi mi ha fatto provare il primo tiro a canestro. Si chiama Bertacchini, lo ha fatto alla fine di una partita vinta dalla Libertas Correggio in pieno inverno sul campo parrocchiale all’aperto, prendendomi in braccio e dandomi un pallone di cuoio, una pallonessa, le chiamavano proprio così. Il sacerdote che ci seguiva – se non ricordo male - era un certo don Ruggerini, detto Don Alberini per qualche bicchiere di lambrusco di troppo.  Alberini era una cantina molto conosciuta ed apprezzata. Un calzolaio preparò una pallonessa  ad hoc per me e i miei cugini-fratelli che hanno provato anche loro l’ebbrezza del basket. In quegli anni il centravanti della Libertas Correggio Calcio era Maurizio Cavazzoni, studente all’Istituto Bellelli, poi passato a segnare gol a Latina, dove vive tuttora. Un’ottima persona che ha fatto carriera anche come dirigente d’azienda. Io mi cimentavo anche nel calcio nel ruolo di portiere del Nagc, ero bravino anche se Eros l’allenatore, detto “patateina” , mi faceva giocare poco, volavo con disinvoltura da una porta all’altra, senza paura, ma il Mister aveva timore di favorirmi come “raccomandato”.  Me ne resi conto quasi subito.  La domenica provavo a sparare al piccione a Poggio Diana, ma non ero entusiasta di quello sport così crudele, ora abolito in Italia. Il mio destino era evidentemente rappresentato dal basket, la fortuna fu quella di trasferirmi da Correggio a Latina, due centri pieni di ardore cestistico. A Reggio avevo sempre tifato per La Torre, nel’Agro scoprii che esistevano due realtà, una capitanata da Pino D’Alessandro al Circolo Cittadino e un’altra con leader Luciano Marinelli, all’Oratorio Salesiano Don Bosco. L’Appla Correggio fu promossa in B, Latina la sfiorò, perdendo gli spareggi di Napoli nel 1966. C’era un giocatore – Giancarlo Casoli – che faceva canestro dall’angolo senza sbagliare al Circolo Cittadino, dopo il campionato fu ceduto gratuitamente al Cus Palermo. Anche a scuola il professor Silvestri di educazione fisica prediligeva la palla a spicchi, poi arrivò Armadino La Viola che ci faceva giocare anche per ore sul campo scoperto di via Pio VI. Adesso è un ottimo avvocato ma i suoi trascorsi sportivi sono davvero rilevanti: volley con i Vigili del Fuoco Asperti, subacquea, vela, basket, sci, ginnastica.  Sfrecciava con un Duetto Alfa di colore bianco, era oggetto di attenzioni da parte di molte ragazzine. Il pomeriggio si svolgevano i corsi di ginnastica correttiva, affidati ad Ajmone Finestra, un esperto del settore che non mancava mai, nonostante tanti impegni nel mondo politico.  Il basket di Latina non ha mai avuto una spoiccata colorazione politica, essendo un fenomeno di massa e sociale. Stessa a cosa a Reggio, città rossa per eccellenza ma con Pino Brumatti eletto consigliere comunale nella Democrazia Cristiana.

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