martedì 13 ottobre 2009

BASKET - Da Reggio Emilia a Latina andata e ritorno


Paolo Iannuccelli
Reggio Emilia contro Latina, domenica al PalaBigi, in Lega 2 di basket. Per chi tifare?  Difficile la scelta per uno come me legato a entrambe le città. Ho deciso di preferire i colori nerazzurri per un motivo molto semplice: qui ho trascorso 46 anni della mia vita, lì solo 10. Facile comprendere perché esulterò se vincerà la band di Ciaboco. Vivo di basket, dal mini sino alla Nba, facendo di tutto, eccetto l’arbitro. Eppure, proprio nella Città del Tricolore ho visto, da bambino, la mia prima partita, nella vecchia palestra dell’epoca fascista con fondo in parquet e tutte sedie attorno al rettangolo di gioco. Lì giocava La Torre Reggio Emilia, società ancora in vita, ed i miei idoli erano Chico Ovi, grande tiratore, ed i fratelli Castagnetti, le partite più attese erano quelle con Biella. Reggio disputava la serie A, il secondo campionato nazionale dopo l’Eccellenza o Prima Serie. Tutti reggiani in campo, provenienti da una scuola di basket che è ancora la migliore in Italia, un vivaio eccellente. La mattina, mi recavo con la famiglia sul campo della parrocchia di Correggio ad assistere alle evoluzioni – anche sotto la pioggia e la neve -. della Libertas ( la squadra dei preti …) che disputava la serie C e batteva sistematicamente gli odiati cugini carpigiani, distanti solo nove chilometri ma sempre spocchiosi. Il pomeriggio viaggio in auto fino a Reggio per la categoria superiore. Un giorno scoprimmo chi i carpsan avevano pitturato di vernice rossa il monumento ad Antonio Allegri, detto Il Correggio, un grande pittore, un mostro sacro per noi paesani. Guai a toccarlo. La vendetta dei correggesi fu immediata, verniciarono di bianco la statua equestre del generale Manfredo Fanti, ai giardini pubblici di Carpi. Un eroe risorgimentale era stato vilipeso dai correggesi. Se ne parlò per settimane, noi eravamo fieri delle nostre origini e scansavano quelli di Carpi, boriosi per essere i primi in Europa a produrre maglie e “sboroni” con le loro macchine lunghe da “pidocchi rifatti” – cosi dicevano i loro denigratori. La squadra di basket di Carpi era “La Patria”, noi cantavano alla fine dell’incontro: “Mia Patria sei bella e perduta”, prendendo spunto da una canzoncina che imparavamo a scuola. Un nostro giocatore – mi sembra Benatti – andò a provare con la Virtus Bologna di Calebotta e Pellanera, Masselli e Masoni si trasferirono ad Aprilia e giocarono al Cral Simmenthal, Zaccarelli – mio compagno di scuola – fu tesserato dalla Forst Cantù che arrivò alloa scudetto, poi fu la volta della mano caldissima di Rustichelli e di Gualdi che giocava con una sola mano. A Reggio hanno sempre mangiato pane e basket, tanto da arrivare ad ingaggiare il mitico Bob Morse, negli anni ottanta, grazie al’intuizione del presidente Enrico Prandi, ora alla testa del Panathlon International. La Reggiana, dopo aver assaporato la serie A del calcio, non è quella di una volta, il basket fa da padrone. Adesso sono primi in classifica con due successi all’esordio, una sorpresa per tutti, all’inizio della stagione non erano certo tra i favoriti ma le sorprese sono all’ordine del giorno. Domenica sarà una partita tutta da vivere con il piccolo ma ben costruito Latina pronto ad espugnare il PalaBigi. Tortellini in brodo contro mozzarella di bufala, lambrusco contro Vini del Circeo, il carrello dei bolliti opposto alle grigliate di pesce fresco, giunta di centro sinistra da una parte e di centrodestra dall’altra, Del Rio vs Zaccheo, in panchina duello ruggente tra Ramagli e Ciaboco, in campo tra Frosini e Dalipagic. Reggio è terra di intenditori di canestri e di motori, vive di grandi passioni, soprattutto per la politica. Latina ha visto la pallacesto nascere nel lontano 1932, anno di fondazione della città. La prima squadra costituita era femminile, la Pallacanestro Littoria che batteva le avversarie con piglio deciso. Il primo incontro avvenne con l’Anagni che sospettò sul risultato: “Loro sono della città cara al Duce, non possono perdere”. Nella scuola reggiana i cesti al muro ci sono sempre stati, anche alle elementari si insegnava tiri liberi e palleggio. Latina ha visto fior di giocatori crescere sul campo all’aperto, in terra battuta, dell’Opera Balilla, ha ospitato Vittorio Gassman, Giancarlo Primo, Nello Paratore, Cafiero Perrella, Francesco Ferrero, tutti guru che hanno fatto la storia della via italiana al basket. Così vicino, così lontano. La LegaDue è  così vicina, così simile al campionato che la precede (la serie A) ma, al tempo stesso, ne è del tutto lontana. Se il livello tecnico è spesso paritetico rispetto a quello della massima serie, la quotidianità della LegaDue è invece viva, appassionata come si vede a Latina e Reggio. E’ distante anni luce da certe realtà della massima serie, dove per avere una cornice di pubblico appena decente bisogna inventarsi entrate di favore, abbonamenti aziendali e biglietti regalati davanti alle scuole.
Niente di tutto questo: Brindisi, Jesi, Latina, Udine, Venezia, Pistoia, Sassari, Reggio Emilia, ed anche piccoli centri come Casalpusterlengo, Veroli, Scafati, Casale Monferrato, rendono la seconda serie nazionale come un’autentica boccata d’ossigeno. Con piazze storiche (Reggio, Venezia, Brindisi, Pistoia e Udine mettono insieme, sommandoli, quasi 150 anni di serie A), e giocatori autentici, giovani futuribili e stelle esperte ma tutt’altro che arrendevoli o a fine carriera. Spesso giocare in LegaDue è una scelta, economica. Essere leader nella ex A2 è spesso più remunerativo che fare il panchinaro in serie A ma anche tecnica: piuttosto che giocare brevi scampoli di partita, facendo da cambio ad americani viziati e spesso sopravvalutati, meglio, molto meglio essere protagonisti al piano di sotto.

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