martedì 22 settembre 2009

Stato e nazione, non pari sono


Lidano Grassucci


Entro, un po’ di soppiatto, nel confronto che su queste colonne ha sollecitato Fabrizio Bellini. Nel 2011 è festa per 150 anni di nazione italiana, o di Stato italiano? Per una volta concordo con Bellini, anche se dissento sulla questione linguistica. L’unità linguistica non fa una nazione ma aiuta. Insomma non basta parlare la stessa lingua, ma se non si parla la medesima lingua difficilmente si fa altro.
Francesco Barbagallo, autore di L’Italia repubblicana (Carocci)  sul Corriere di ieri sosteneva: “siamo una comunità politica soltanto dall’Ottocento. Prima esistevano tanti Stati diversi con forti identità specifiche, spesso in guerra tra loro”. Ecco questo è un concetto errato, una idea che la nazione è un’armonia.
Una nazione è un concetto culturale non politico. La nazione tedesca non è venuta meno perché i tedeschi erano divisi, da un muro, in due stati, la Repubblica Federale e la Repubblica Democratica, di fatto in guerra tra di loro. Tanto che in uno spazio temporale di lustri anche lo Stato è tornato uno. Eppure i tedeschi tra le identità non hanno la “Fede comune”. I residenti della Baviera sono cattolici come i vicini austriaci. Insomma sono più vicini a chi appartiene ad uno Stato diverso. In realtà la nazione tedesca è anche l’Austria che “tedesca” è stata per qualche manciata di anni.
La Germania è una repubblica federale, dove l’unità nazionale tedesca non è stata mai in discussione, e lì le diversità sono così puntuali che si esaltano anche le città Stato.
L’Italia è molto più coesa (se Bossi sapesse): Italia ha coscienza di sè da secoli. Le differenze tra le parti sono molto più significative tra Genova e Pordenone che tra Genova e Palermo, più forti tra l’entroterra veneto e Venezia che tra questa e Spalato, o Ragusa, o Rodi.
Lo dico, ancora, ad uso di Bossi e dei bossisti che mischiano vicinato con Stato e nazione.
E’ vero che gli Stati italiani si sono fatti la guerra tra loro, ma Barbagallo dimentica che per secoli il mondo è stato l’Italia. Dimentica che la penisola era il centro del mondo (era l’America di oggi). Un’america conflittuale in cui New York non era il centro riconosciuto da tutti, ma aspiravano a diventare primi anche Chicago, Boston, Los Angeles.
Il centro del mondo era Venezia o Genova (che insieme era il commercio del mondo), Firenze o Milano.
150 anni  fa è nato lo Stato italiano, uno dei più giovani Stati del mondo (ma i tedeschi non sono più vecchi come stato unitario), in una delle più vecchie nazioni del mondo (come per i tedeschi). E qui c’è il 60% del patrimonio artistico del mondo. Per capire, Leonardo, Dante e Machiavelli (scusate se è poco) scrivevano in italiano e lo facevano parlando d’Italia.
Caro Barbagallo le guerre più brutte si fanno tra fratelli. E noi ci siamo sentiti sempre al centro del mondo: per un fiorentino è meglio essere suddito dei francesi che di uno di Siena, per me di Sezze meglio servire un americano che uno di Priverno. Perché gli “altri” semplicemente non sono.

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