giovedì 20 agosto 2009

Italia, un paese costruito per gli anziani

Francesco Furlan

E' vero, le generazioni di oggi raggiungono l’età matura in ritardo rispetto a quelle che le hanno precedute. Uno dei motivi è quello economico che le rende meno indipendenti. Allo stesso modo, però, crescono prima delle precedenti saltando o quasi l’età adolescenziale. Non è raro, infatti, osservare ragazzi e ragazze che assumono atteggiamenti, modi di fare, vestire, ben lontani dalla loro età anagrafica, spesso per assenza di esempi in famiglia. Si sa, i genitori lavorano entrambi per arrivare a fine mese, i nonni sono lontani in quella che oggi viene definita la famiglia atomica e i ragazzi crescono da sé. Ma a fronte di tre, quattro, ma dico anche cinque, che esagerano ed entrano nella cronache nazionali, ce ne sono molti di più che conducono una vita normale, con la testa sulle spalle e che fanno gruppo in modo sano. Magari non saranno ragazzi da «Sapore di Mare», ma è evidente che ogni generazione vive di quello che ha. Negli anni 60 l’Italia era un paese giovane e ricco di entusiasmo. Oggi è un paese per anziani, che sempre più viene pensato e realizzato per loro caricando la società di divieti e impedimenti. Ricordo a esempio un’ordinanza di un comune veneto, risalente a un anno fa, dove riunirsi in tre persone dopo le dieci di sera è vietato. Andando oggi a interrogare un politico di un qualsiasi schieramento sulle priorità della sua politica, 8 su 10 risponderebbero sicurezza. E per le politiche giovanili? «Dobbiamo tagliare». Sono dell’idea che il concetto di famiglia sia costantemente in evoluzione. Durante la rivoluzione industriale, i bambini andavano a lavoro già a otto anni. Poi, grazie all’opera di giovani menti, cito la Montessori, le priorità di quell’età divennero pregiudiziali di una società che voleva crescere in modo sano. Oggi la famiglia cambia ancora. Ma io sono convinto che i giovani italiani, per quanto la cronaca li dipinga spesso sotto una cattiva luce, siano ancora più sani dei loro coetanei stranieri. Lo dico pensando alle cronache che arrivano dal Nord Europa dove imperversa una criminalità minorile che uccide i propri coetanei con una regolarità inquietante. Non è una giustificazione, ma i ragazzi italiani ancora non sono così. Investiamo su di loro, non buttiamogli la croce addosso.

Nessun commento:

Posta un commento