Alessia Tomasini
Quando inizia una verifica, finiscono i governi” aveva detto Massimo D’Alema nella conferenza dei progressisti, prima di cedere il passo a Berlusconi. Nello stesso periodo si cominciavano a fare largo affermazioni su un tracollo della politica generale. Il quadro non è cambiato a cinque anni di distanza. I partiti sono uniti ma solo per fini elettorali. Il Popolo della libertà a Latina ha trovato nuove ragioni per stare insieme. Ma? Sembra che i motivi siano una colla destinata a reggere poco. Non erano trascorsi neanche trenta giorni che gli ex di Alleanza nazionale hanno suonato l’attacco al fronte guidato dal presidente Cusani. Domani è stato fissato l’ennesimo incontro tra i leader del centrodestra pontino. Da una parte ci sono, al momento compatti, Fazzone e Forte. Dall’altra il sindaco di Latina Vincenzo Zaccheo e il suo gruppo non proprio pronto a combattere. Gli azzurri venerdì hanno disertato la riunione di giunta un po’ per una serie di coincidenze, un po’ forse per premeditazione. Qualcuno da una settimana a questa parte continua a domandarsicosa abbia voluto significare la scenata madre, l’abbandono sull’altare, la caduta di stile avvenuta solo sette giorni fa quando dall’ufficializzazione delle nomine degli assessori provinciali era uscita solo solo l’immagine sconsolata e tesa di Fabio Bianchi. Il tutto solo per vedere strette di mano, sorrisi pieni e promesse d’amore e fedeltà eterna degli stessi dimissionari alla corte del presidente Cusani. Solo dall’esito del vertice di domani in Comune si potrà comprendere quanto il centrodestra sia oggettivamente in difficoltà. Quanto accaduto nelle ultime ore, tra attacchi diretti e negazioni evidenti, in terra pontina è la dimostrazione del fatto che in politica due più due non fa quattro, e che si deve sottostare a vincoli nazionali e regionali a cui è impossibile sfuggire. Le buone intenzioni, quelle dirette a staccare il territorio dalle ingerenze romane, sono come al solito finite nel nulla. Sta nella virtù delle classi politiche di rango riconoscerli per tempo evitandone effetti devastanti almeno sul piano dell’immagine e della credibilità. Forse gli uomini di Forza Italia e dell’Udc, intesi come base formata da consiglieri ed assessori, erano distratti. Eppure non si tratta della prima volta in cui i leader provinciali decidono di far rimettere le deleghe agli assessori e di far sottoscrivere documenti al vetriolo salvo capitolare dopo qualche riunione e piegarsi a Zaccheo. Il Popolo della libertà esce comunque indebolito da quanto accaduto così come hanno perso in stile i rivoluzionari, De Monaco, Bianchi e Martellucci, che si troveranno a dover fronteggiare un presidente come Cusani ora più agguerrito e certo meno fiducioso nei propri uomini. Il logoramento di Claudio Fazzone, politico avveduto e dalla memoria molto lunga, si rifletterà sulla sua maggioranza. Quello che fu la gloriosa Casa delle Libertà potrebbe ridursi in un insieme di piccoli gruppi politici, litigiosi ed impotenti che viaggeranno sotto la bandiera unica ma non unitaria del Popolo della libertà. A decidere se questa analisi sia spietata o ragionevole saranno solo i prossimi giorni. L’obiettivo dovrebbe essere quello di rimettere mano all’esecutivo del Comune. Ma l’ipotesi di spostare la Fanti nella giunta Lucci sta trovando spazi non proprio al sole. I segnali sono contraddittori e per nulla confortanti. Se i passaggi concordati sembrano avere una qualche tenuta dal punto di vista della sua meccanica, le parole sparse pronunciate dai leader dimostrano che il compromesso non regge dal punto di vista della sua politica. Siamo punto e a capo.
sabato 11 luglio 2009
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