sabato 18 luglio 2009

LATINA - Alienazione urbana, viaggio nella paranoia della città




Maria Corsetti


Il degrado dietro casa. Pomeriggio d’estate, pieno centro di Latina, in quello spazio ibrido tra i giardinetti e il consorzio agrario. Un parcheggio nato con le intenzioni migliori, con piazzole di verde e muretti. Ma l’alienazione urbana è un fenomeno che esiste, anche in una città che si affaccia sul mare, con Roma a sessanta chilometri e Napoli a poco più. Dove la gente avrebbe altro di più piacevole da fare invece che imbrattare e distruggere recinzioni e aiuole. Se lo guardi appena da lontano, sorvolando bottiglie rotte e cartacce, quel posto è bello, simile a un giardino africano addormentato sotto il sole, in attesa che arrivi la notte a portare fresco e ristoro. La notte invece porta disturbo, ozio paranoico, furia demente. I marciapiedi diventano lo sfogo della tristezza cittadina, della solitudine di chi non riesce a sopravvivere al mondo. Sfoga la sua frustrazione sui muretti, beve una birra non per compagnia ma per passare un tempo che si dilata all’infinito, che deve essere impiegato in qualche maniera per non soccombere a se stesso.
C’è stato un momento, qualche decennio in realtà, in cui quella strada era sempre molto sporca e trasandata, ma almeno trasmetteva l’allegria dell’amore. Al posto del parcheggio c’era una costruzione gemella del consorzio, e quella strada era già l’inizio della periferia. Erano gli anni ’70, gli anni della liberazione sessuale, dove una piccola utilitaria e un preservativo rappresentavano l’idea di un’America molto più lontana di oggi. La mattina, quando si passava da quelle parti, i resti dell’eros erano evidenti. Preservativi, fazzolettini, cicche di sigarette: non era esattamente la Svizzera, ma almeno quei rifiuti raccontavano la voglia di vivere. I relitti di oggi ne raccontano la noia. Una sorta di spleen del 2000, figlio del nulla, senza letteratura. Non è un caso isolato, il viaggio nella miseria mentale della città ha tante tappe da mostrare, ferite sanguinose di anime disperse in un limbo grigio e infinito.

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