sabato 11 luglio 2009

Il giornalismo dalle mani sporche

Lidano Grassucci


“L’amico per l’amico, mostra il petto al nemico”, scrissi così nella dedica di un mio libro che mi aveva chiesto in dono un mio ex amico, o meglio uno di quelli che mi ha tradito. Torno su questo argomento non per sociologia, ma perché nell’ultima settimana mi sono capitati eventi legati all’amicizia e alla necessità di stare dalla parte degli amici. Perché siamo uomini per la rete sociale che siamo in grado di farci, per quel tessuto di conoscenze, di solidarietà, di conflitto che ci rende differenti dalle bestie. E’ facile stare vicino agli altri quando non costa nulla, quando le cose vanno per il verso loro, difficile quando per questo devi esporti, devi mettere la tua faccia. Per avere amici bisogna aver fegato, bisogna essere disposti a pagare pegno. Bisogna poter dire: su di lui metto la mano sul fuoco, a rischio di fare la fine di una braciola. Non mi piace un mondo di sentimenti deboli, di ipocrisie formali. Sono cresciuto nelle osterie dove tutto era opinabile meno che la parola data e l’amicizia. Per queste ragioni ho difeso, e continuerò, a farlo Maurizio Galardo a Latina, come Mariorenzi a Fondi. Nella speranza che se capiti qualcosa a me, nella speranza che davanti ai miei errori, ci siano persone che stanno dalla mia parte, che stanno con me perché sono, semplicemente, miei amici. Chi fa il mio lavoro non dovrebbe avere amici? Non sarebbe umano. Lo so che nei Cirannini del giornalismo si parla di professionisti senza macchia e senza paura, ma lavorare sul serio è cosa differente, è fatica differente è sporcarsi le mani con la vita. I miei colleghi asettici, puliti e in cravatta, sono falsi come Giuda. Chi fa il mio mestiere deve essere umano, solo chi è umano e conosce le sue debolezze è in grado di rispettare e raccontare quelle degli altri

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