lunedì 25 maggio 2009

L'ARCINORMALE - La lezione dimenticata di Machiavelli

Lidano Grassucci
Fondi è la madre di tutte le battaglie di questa guerra elettorale. E’ uno scontro sulle categorie: legale-illegale. Machiavelli divise la politica, l’arte di governare la città, dalla morale secoli fa. Ma non passa. C’è sempre una legge divina che mi porta a essere io giusto a dover combattere gli ingiusti, gli ignavi, i cattivi. La politica è l’arte del governo della città, il luogo in cui si scontrano differenti visioni di domani, non è un’aula giudiziaria. I candidati, e i giornalisti, non sono poliziotti, aspiranti detective, ma dovrebbero essere portatori di progetti o coloro che li raccontano.
Se uno è ladro, ed è provato, deve andare in carcere. La politica non c’entra. Se uno è mafioso, dimostrato in aula di tribunale, va in carcere e buttiamo la chiave.
Siamo alla prepolitica. Gli elettori non assolvono o condannano con il voto, scelgono il progetto futuro per la loro città. I giornalisti, dal canto loro, non sono i sacerdoti della morale, non sono i preti del giusto contro l’ingiusto. Molti miei colleghi si sentono novelli Savonarola, si sentono, sostenuti da improbabili editori, depositari di una battaglia moralista.
Dice, ma anche nella democrazia americana si danno giudizi morali: Clinton e la stagista vengono portati ad esempio. È vero, ma lì non era censurato il fatto in se, che era privato, ma la bugia pubblica del presidente che lo ha negato. Il principio è: un bugiardo non può fare il presidente. Non si entrava negli affari del presidente, che sono casi suoi, ma la bugia no. Se mente per i casi suoi può mentire alla nazione. Da noi, invece, si criminalizza il nemico, lo si dichiara fuori dalla legge, illegale. La bugia è predefinita, è un assunto già dimostrato.
Non sono Savonarola, né voglio esserlo, ma credo che se parliamo di politica di questo dobbiamo parlare, se ci sono malamente in politica è compito non dei giornalisti ma dei carabinieri. Se qualcuno dice bugie non può assolvere a cariche pubbliche. Il resto sono chiacchiere e i giornalisti non sono i sacerdoti della morale, quelli stanno nelle Chiese se ci credete.

1 commento:

  1. Egregio direttore, conosco e rispetto il suo pensiero sul caso Fondi, ci siamo anche confrontati di persona, e non le nascondo che da quel momento, pur continuando ad avere un'opinione diametralmente opposta, mi sono comunque "impegnato" nel comprendere il suo originale e "impopolare" punto di vista, se non altro perché ritengo provenga da una persona intellettualmente onesta.
    Riprendendo il suo riferimento su Machiavelli, se da un lato è vero che fu il primo a dividere la politica dalla morale, bisogna però sottolineare che per lo stesso la politica non doveva essere immorale, bensì a-morale, priva di morale, o quanto meno, con una morale propria. Con Machiavelli la politica diventa una scienza, sottratta dalla morale religiosa, applicata dai governanti per il preciso fine di migliorare ad ogni costo le condizioni di vita dei propri cittadini, o sudditi. Da qui la famosa massima "il fine giustifica i mezzi"!

    Adesso le chiedo: su quali basi, o dati, aldilà di ogni campanilismo, ritiene che la politica a-morale(...per me immorale) dei nostri governanti possa rifarsi al pensiero cinico, ma allo stesso tempo nobile, del Machiavelli?

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