Lidano Grassucci
Qualcuno, i soliti fichetti, si è domandato: ma perché gli alpini vengono a Latina? Stiamo in pianura.
Già, piatta è piatta ‘sta pianura. Sulle nostre colline ci sono montanari bassi.
E allora gli alpini? Fatta l’Italia bisognava fare gli italiani, e gli italiani si fecero nella prima guerra mondiale. Allora gente che viveva in questo posto prese coscienza di essere popolo, di essere un popolo. Qui in questa pianura chi aveva combattuto nelle montagne, sugli altipiani venne per farsi una vita. E qui i borghi si chiamano come le battaglie, qui la gente di tutta Italia, si è mischiata come nelle trincee. I piccoli fanti della Sassari, con i granatieri, gli alpini con gli artiglieri. Qui vengono per ricordare queste cose qui. Dice, queste sono cose che non contano. E cosa conta? Il vivere quotidiano senza ragione, le quotidiane angosce di vite vuote.
Li ho visti gli alpini, hanno le facce rosse. Sorridono, hanno i baffi, sono gioviali. Li ho visti, ho visto come guardano il mondo. Ho visto nei loro occhi cose che noi qui, con tutte le sovrastrutture mentali che abbiamo, non vediamo più.
Mio zio Giovanni era l’orgoglio di nonna, sua sorella, per via di un presentat’arm che aveva fatto sul Piave con l’affusto di un piccolo cannone. Era fabbro ferraio ma per due anni fu dentro la storia d’Italia. Ho conosciuto un signore che portava il cappello alla bersagliera, perché da giovane correva con i fanti piumati.
Adesso i ragazzi non fanno neanche più il soldato. E non so se la cosa sia meglio. Personalmente ero reietto alla disciplina, ma alla fine quell’anno da granatiere lo ricordo ancora. Dice è cosa piccola, non credo: mi gonfio ancora un po’ quando sento la banda dei granatieri di Sardegna. Ma ai fichetti queste cose non dicono nulla.
martedì 5 maggio 2009
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento