lunedì 18 maggio 2009

Cattivik - La bancarella della discordia

Maria Corsetti
Eppure mi sembrava di aver sentito dire che “quel manoscritto reputato perduto era stato acquistato in una bancarella...”. Manoscritti, pezzi di musica, libri antichi, francobolli introvabili, pezzi d’arte di valore inestimabile: tutto questo è il mondo che si può trovare in una bancarella. Che diventa un luogo di interesse anche se vende caciotte dal sapore dimenticato. Scopro però che la bancarella è un posto di serie infima, reietto agli artisti, inviso al Parnaso. Non vi azzardate mai a chiedere a un artista se ha chiuso la bancarella: nella migliore delle ipotesi chiede un chiarimento, spiega che la sua non è una bancarella ma una provocazione. Peggio se tenti di dire che stavi scherzando: non si scherza su certe cose, specie in un consesso pubblico. A nulla vale rispondere che la frase incriminata è stata detta in una festa di compleanno, tra amici in grado di capire perfettamente il senso e non in una galleria in presenza di uno stuolo armato di critici d’arte che, quanto a simpatia, sono secondi solo al carro attrezzi che ti rimuove la macchina. La bancarella è un luogo volgare. Su alcune ho visto vendere la Divina Commedia, e per me il volgare sta tutto lì.

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