Teresa Faticoni
Una chiusura totale contro la quale l’unica forma di lotta possibile è lo sciopero. Ieri i lavoratori della Marconi Ericsson di Latina hanno protestato contro la decisione unilaterale dell’azienda multinazionale di telecomunicazione che dal primo maggio (che ironia macabra la coincidenza con la festa dei lavoratori) sposterà le produzioni e i lavoratori del sito pontino in quello romano dell’Anagnina. Già da ieri sono cominciati i trasferimenti, con lo spostamento nella capitale di costosissimi macchinari. Il punto di frattura, sul quale il 30 marzo scorso si è rotto il tavolo della trattativa, sta nella mancata volontà della società di mettere a disposizione un qualche mezzo per coprire il disagio degli spostamenti. «Avevamo proposto un ventaglio di soluzioni – afferma Carlo Bruno segretario della Slc Cgil – che l’azienda ha rifiutato». Il discrimine con precedenti accordi sta nel fatto che la Ericsson vuole accordare una una tantum di 9.000 euro per ogni lavoratore. In occasioni simili sono stati più generosi. L’unica delle proposte sindacali sulla quale si è registrata una qualche apertura è stato il telelavoro, concesso a una ventina di dipendenti. Oggi a Piccarello c’era anche il segretario generale della Cgil, Salvatore D’Incertopadre, il quale ha richiesto, di concerto con Bruno, l’intervento del prefetto Frattasi. Ora si aspetta la convocazione per riaprire il tavolo delle trattative. Intanto, e questa è la cosa più amara, si stanno sfilacciando le maestranze. Figure storiche che hanno deciso volontariamente di aderire alla procedura di mobilità aperta per 10 persone. Si sa perdendo non solo uno stabilimento produttivo, ma competenza e professionalità. Portata via insieme a quei camion che ieri stavano smantellando.
giovedì 2 aprile 2009
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