lunedì 27 aprile 2009

Cattivik - Sabato sera, San Marco e Bella ciao

Maria Corsetti
Berlusconi si frega il 25 aprile e l'Italia si risveglia. Parliamoci chiaro: l'Italia dai 50 anni in su. Già i quarantenni si dividono tra chi ha fatto il '77 e chi no. Tra i primi c'è ancora qualche nostalgico per i quali pensi che la macchina del tempo sarebbe un'invenzione perfetta per spedirli a Salò o tra i partigiani a vedere quanto era divertente. Quelli facevano la guerra, mica i giochi di ruolo. Che se qualcuno di quei ragazzi morti a diciotto anni o anche più giovane potesse uscire dalla tomba si prenderebbe a calci da solo a vedere i prototipi che difendono la sua memoria. I trentenni sabato scorso se ne stavano al mare, gli adolescenti avevano sicuramente altro a cui pensare. La storia va avanti e scrive le sue pagine, del tutto imprevedibili. Sono gli uomini che credono di poterla disegnare. Sabato sera a Piazza San Marco si cantava. Vasco Rossi. Alla richiesta di "Bella ciao" che, per chi non ha fatto né la guerra, né il '68 e tantomeno il '77, è solo una canzone che avrebbe vinto a Sanremo tanto è orecchiabile e struggente la platea diventa di pietra. Aho, non trovi in giro uno che ha votato Berlusconi (e quindi Fini) manco a pagarlo - e quindi pensi che abbiano votato Veltroni - e adesso stanno come stoccafissi. Forse hanno votato la Santanché. Ma non mi pare che a Latina abbia riscosso tutto questo consenso. Un gruppetto timido timido inizia a battere le mani. Poi si mette paura. Cantare a squarciagola proprio no. Qualcuno fa la faccia scura. Scurissima. Ti aspetti un atto di coraggio, che almeno invocando la par condicio, chieda "faccetta nera". Manco quello. Tutti imbarazzati. Incapaci. La canzone finisce e nessuno batte le mani. A chiacchiere e tra amici ci si divide in fasci e compagni, davanti agli altri non sta bene. Si intona di nuovo Vasco Rossi e torna il sereno.

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