Ciarra, Conte, Macci e certe morali

Lidano Grassucci



Allora il gruppo Ciarrapico-Conte con Macci come testa di ariete gufa su Fondi. Spera nello scioglimento di quel consiglio comunale per attivare l’azione moralizzatrice. “Vedete sono rei?” “Razza di vipere”. I nostri contano anche sul suicidio della sinistra.
Sta arrivando quindi una offensiva ipermoralista, il capo è l’unto da Dio, dal Duce e da Andreotti Ciarrapico. Guarda mo che ti succede: esce la storia della Ciappazzi, delle acque minerali siciliane comperate come fossero miniere d’oro del Klondaike da Tanzi.
Storie vecchi per vecchi tromboni che suonano a festa quando la festa non c’è.
Ci vuole la faccia, ci vuole la faccia, per gridare alla pagliuzza nell’occhi del vicino negando la trave sull’occhio proprio.
Che tristezza vedere un vecchio signore segnato dal tempo che si pensa giovane ardimentoso balilla che spiega al prossimo come saltare nel cerchio di fuoco il sabato mattina, arnese che non può più usare per via della pancia.
Come spieghiamo la Ciappazzi? Dove erano le virtù dell’imprenditore al servizio dell’ideale, al servizio del Duce degli italiani? O del chierico Andreotti?
I secondi hanno sempre bisogno di un capo. Personalmente non mi piacciono capi e padroni e men che mai quei capi.
Bertoldo girò e girò ancora per trovare un albero degno di ospitare la corda che lo avrebbe impiccato, essendo astuto scelse un albero di zucca. Ciascuno è padrone del suo corso.
Magari se alla prossima occasione il nostro potesse spiegarci la vicenda Ciapazzi prima di parlar di Fondi, farebbe cosa gradita ai suoi.
La moglie di Cesare deve essere a prova di bomba, la moglie di Conte e Macci non può essere da meno.
Come diceva Rino Formica: “Stiamo attenti i puri potrebbero trovare sempre uno più puro che li epura”.
Ci dica della Ciappazzi, poi ci racconti dei contributi all’editoria incassati due volte. Particolari, particolari. Ma da imbecille quale sono sono i particolari che fanno la differenza, e tanta.