tieffe
Inglesi contro italiani, e anche contro i portoghesi. La location non è il solito prato verde con milionari in calzoncini a rincorrere un pallone, ma una raffineria di petrolio che la Total vuole costruire nel Lincolnshire. La gara è stata vinta da una ditta italiana di Siracusa – profondo sud, mani callose e facce annerite dal sole, con poca voglia di lavorare e nessuna regola di sicurezza per seguire il pregiudizievole luogo comune sbandierato dalle trade union d’oltre Manica – che ha porato il suo know how nel profondo nord europeo. I democraticissimi inglesi non ci stanno. «Date a noi il nostro lavoro». Il povero Spinelli si starà rivoltando nella tomba. Che la vocazione europeista del Regno Unito fosse pari a zero è cosa risaputa –i luoghi comuni un qualche appiglio al reale lo avranno no? – ma che addirittura diventassimo “ladri di lavoro”, fa rabbrividire. I nostri operai che andavano a morire nelle loro miniere nessuno se li ricorda? E i nostri lavapiatti con il pezzo di carta attaccato al muro del salotto di casa di mamma e papà in Italia nessuno li considera? Mercato libero, che parolone. Che paura! Per questo risulta incomprensibile il postumo recriminare della Ugl. Sembra una delazione. Come le mogli tradite che in tribunale cercano la sponda del giudice contro un marito che non le ama più. Il mercato libero impone competenza, merito, professionalità e strategia. Quando lo Stato sostiene tutti – come per anni è accaduto in Inghilterra – allora è facile sedersi su un welfare ipergarantista. Ma la concorrenza impone parametri sempre più alti, che non possono essere messi a paragone con quelli di India e Cina. Perché il mondo riparte rià da lì quando sarà finita questa crisi. E gli scioperi, e le casse integrazioni e i sussidi statali non basteranno mai. Si chiama mercato. Il resto è minutaglia da mercatino rionale dove si va dopo aver svuotato le cantine.
lunedì 2 febbraio 2009
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