sabato 17 gennaio 2009

Polenta a volontà


Roberto Campagna

Dicevano i vecchi pastori dei Monti Lepini: “Se la donna sa fare la polenta è una brava cuoca”. Ma erano proprio loro grandi polentari, quelli che con maestria sapevano far cadere a pioggia la farina in acqua bollente salata; la facevano cadere lentamente: quel tanto per assorbire l’acqua. Lasciavano poi passare qualche minuto e, visto il grado di assorbimento, aggiungevano altro farina mescolandola continuamente per non avere grumi. E sapevano con precisione quando era cotta: quando si stacca dalle pareti. Bravi polentari, ora, sono i sermonetani, in particolare quelli che la cucinano in occasione della sagra. Sagra che, come ogni anno, si svolge oggi dentro il centro storico. E se in passato veniva condita in vari modi: con i broccoletti, con i fagioli, con il baccalà, con i funghi, con le lumache e con la ricotta. Sì, con la ricotta. Piatto unico, questo piatto apparteneva alla cucina povera dei pastori lepini. Non ci voleva una particolare abilità per prepararla: una volta cotta, la polenta veniva stesa su una spianatora e coperta, poi, con un strato di ricotta schiacciata, ammorbidita con un po’ d’acqua calda e salata. Oggi viene servita quasi esclusivamente con un sugo di salsicce e costatelle. E proprio così viene offerta alla sagra. Sermoneta è una delle capitali italiane della polenta. Si dice che Guglielmo Caetani, tornato nel 1504 dopo un lungo esilio di cinque anni al quale fu costretto da papa Alessandro VI, portò con sé un sacchetto di strani semi, chiamati “mahiz”. Li fece seminare sui suoi terreni e i raccolti furono davvero abbondanti. E se all’inizio utilizzò la farina di granoturco nella preparazione di una pietanza per i prigionieri del suo castello, in seguito la polenta diventò il principale piatto dei poveri e dei pastori della zona e di quelli che, durante i mesi estivi, scendevano dall’Alto Lazio e dall’Abruzzo alla ricerca di pascoli abbondanti. A questi pastori e alla popolazione sermonetana, il giorno della festa di Sant’Antonio Abate, protettore degli animali, veniva offerto un piatto di polenta condita con sugo di carne di maiale. Questa antica usanza ancora resiste e in occasione, appunto, delle festa di Sant’Antonio Abate, si tiene dal 1997 la sagra della polenta. Quella che offrono a Sermoneta è uguale alla polenta di Guglielmo Caetani: è preparata con farina fresca, dal colore giallo acceso, ha un profumo fragrante e un gusto leggermente dolciastro.

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