lunedì 26 gennaio 2009

A Giarre una Latina normale

Lidano Grassucci



Sono stato ospite a Giarre, in Sicilia, di Pietro Piccoli che lì esponeva. Ero a 1000 chilometri da Latina, un mondo che forse più differente non si può immaginare: una borghesia antica, quanto la nostra è recente, una cultura sedimentata nel tempo, nelle strade, nei posti quanto la nostra è superficiale. Quercia e insalata sono tutte e due piante, la loro diversità di forza sta nel tempo.
La struttura che ospitava la mostra di Piccoli è intitolata a Rosario Romeo uno dei più grandi storici italiani. Uno che ha raccontato come l’Italia è nata, una e liberale.
Il sindaco della città, la signora Teresa Sodano, inaugura la mostra parlando di mediterraneità. Mi chiedo cosa significhi. Lo capisco in una sala della mostra, c’è un dipinto che raffigura il chiosco davanti al mercato coperto di Latina con il barista e tre avventori. E’ Latina, un angolo della mia città, davanti tanti visitatori che guardano, che entrano e si incuriosiscono del mio mondo da un altro mondo. Certo per loro quel posto non dice nulla, per loro è il chiosco bar che sta nella loro piazza, ma per me è la chiave di volta per comprendere quello che diceva il sindaco. Esiste un comune sentire, un modo di scrivere i luoghi, di trasmettere sensazioni che è leggibile da molti, da una comunità.
Quello voleva dire, voleva dire che la provincia non è il cimitero dei cervelli, ma spesso ne esalta le potenzialità.
Rosario Romeo ha spiegato la nascita di uno stato da un angolo remoto di quello stato, Piccoli spiega il Mediterraneo da un angolo remoto della costa di quel mare. Per la prima volta con la gente che guardava il chiosco del mercato coperto ho visto la mia città letta come città, come luogo di tutti, senza retorica, senza tentativi di rivalutazioni di dittatorelli latinomediterranei. Era letta per quel che era: una città della provincia italiana.
Quel chiosco è unico, ma non è superiore né inferiore ad un chiosco bar sul lungomare di Taormina, di Viareggio, di Nizza, di Barcellona. Il sindaco di Giarre parlava di Latina come parlasse di Catania, di Salerno, di Livorno. Parlava di una città italiana tra le città italiane.
Aveva ragione Lucio Dalla: “l’impresa eccezionale è essere normale”.
Per la prima volta fuori dalla mia città non mi hanno chiesto “se eravamo fascisti”. Vi par poco, a me tanto per via che i dittatori li odio, i servi dei dittatori peggio.
Latina per Latina, mi sono sentito italiano. A me basta.

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