Geronimo Stilton
Che il suo Dio, quello in cui credeva, lo accompagni per il tempo senza tempo. Il presidente Cossiga è stato seppellito ieri a Sassari, nel cimitero monumentale della città, lì dove era nato. Si gira sempre il mondo per tornare a casa e fermarsi. Sul feretro la bandiera della Repubblica e quella della sua Sardegna, i 4 mori. Simbolo di fierezza la seconda quanto di libertà il tricolore italiano. A onorarlo i suoi soldati: i piccoli fanti della Sassari, i giganti dei granatieri di Sardegna. I primi erano la sua gente, i secondi erano la guardia, quelli che arrivano quando tutto, tutto è finito e solo l’onore è da salvare. Ai secondi regalò la divisa che per secoli avevano indossato e per anni dimenticato da retoriche pacifiste che offendono la storia. Simboli, le bandiere e i soldati, che nessuno sa più leggere, come se fossero tutti analfabeti di ritorno. Come puoi capire Cossiga se non conosci la storia di quelle teste mozzate, di quel segno a incuter timore per chi vuole far prepotenza ai sardi, da lontano la senti la paura per quell’offendere alla dignità.
E il tricolore mutato dalla rivolta grande di Francia per la Francia e per il mondo, niente parrucche, niente privilegi liberi, fratelli e uguali. Ma chi la legge più, bande colorate sono. Boh, sono principi. I soldati presentano le armi, a dire che il loro è servire per la libertà di tutti. Ma chi lo legge più, si corre oggi sui giornali ci spiegano che il capo del governo è stato visto con due donne e che al mare la prole indossa un costume succinto. Tempi nuovi corrono, tempi in cui le bandiere le fanno i designer, le divise gli stilisti.
Tempi nuovi corrono, e Repubblica è solo un giornale e la Sardegna un posto dove c’è il mare.
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