Teresa Faticoni
Non più tardi di una trentina di anni fa i camioncini passavano a prendere le donne con i fazzoletti in testa. Erano colorati dei colori che hanno i foulard. Adesso a essere colorate sono le facce dei marocchini, degli indiani o degli europei dell’est. Ma resta lo stesso sfruttamento, la stessa caparbietà nel voler vivere a fronte di chi si ostina a concedere pochissimo a chi sopravvive. Nei 10 Comuni dei Monti Lepini si sono residenti 70.673 cittadini. Di questi 5.440 sono stranieri (3.986 comunitari; 1.454 extracomunitari). Questi i dati ufficiali del rapporto sull’immigrazione nei Monti Lepini stilato dalla Cgil insieme alla Fillea e Flai Cgil, categorie particolarmente investite dalla questione per via del lavoro in edilizia e nell’agricoltura. Una presenza significativa che si attesta all’8% della popolazione totale. A questi numeri, però, si deve aggiungere il dato drammatico inerente la popolazione clandestina. Sono persone che non rientrano nemmeno nelle statistiche, con la difficoltà oggettiva di essere raggiunti e quindi di mettere in campo le politiche dell’accoglienza che la Cgil dei Monti Lepini porta avanti anche attraverso i servizi a disposizione. Sui 5.440 residenti stranieri, 1.497 sono iscritti al centro per l’impiego di Sezze. «Come dire - sottolineano dalla Cgil lepina - che solo il 28% della mano d’opera passa per le “vie legali”». La lettura del dato va nel senso dell’evidente sfruttamento della manodopera clandestina che si rivela, invece, essere «il valore aggiunto della economia pontina che, utilizzandoli in attività non considerate dagli italiani, si trova sul mercato forza lavoro a basso prezzo e disposta a tutto pur di campare». I numeri: un reddito medio di 700 euro al mese per 4.500 persone significa che questa forza lavoro senza tutele e senza diritti fornisce 35 milioni di reddito prodotto all’anno. Ricchezza che viene spesa sul territorio lepino. «Intorno a queste popolazioni c’è un ceto sociale di spregiudicati che si è arricchito e che ha strutturalmente tutelato il reddito attraverso affitti di locali,o peggio ancora attraverso l’antico mestiere del caporale», sottolineano ancora dal sindacato. In effetti il panorama con i suoi contesti e le sue genti è cambiato di molto. Una vera e propria tratta degli esseri umani. Il maggior numero di immigrati risiede a Sezze. Sono 2.800 cittadini,di cui 2.322 comunitari (molto nutrita la comunità rumena) e 478 extracomunitari) che producono un reddito di circa 20 milioni di euro. «Sono centinaia gli immigrati che ogni giorno nei nostri uffici sindacali vengono a denunciare gravi condizioni di lavoro (anche 2 o 3 euro l’ora) chiedendo un aiuto ed un cambiamento radicale» dicono i sindacalisti che lanciano l’appello alle istituzioni per un processo di vera integrazione sociale ed economica «non solo aiutando e portando solidarietà sociale,ma intervenendo contro illegalità ed irregolarità diffusa nel mondo del lavoro.» Da solo il sindacato non può farcela «è necessaria una grande alleanza istituzionale per battere l’illegalità e punire i responsabili. Il 2010 dovrà essere l’anno per l’emancipare donne e uomini oggi sfruttati».
venerdì 1 gennaio 2010
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