giovedì 5 marzo 2009

Grazie, amico Severino

Lidano Grassucci


Mi portò a casa sua a Minturno, era una giornata piena di sole a primavera: “Vedi Lidano, qua non c’è niente, se parti da qui è veramente difficile”. Le cose che mi aveva detto quel giorno le ho ritrovate nel bellissimo libro di Melania Mazzucco “Vita”. E’ un romanzo che parla della gente di Minturno emigrata in America all’inizio del secolo scorso, parla della tenacia di una donna che era tutta la gente di quella terra. Forse per il legame tra i racconti di Severino e la storia narrata da Melania che quel libro mi è piaciuto e tanto.
Ero un giovane cronista cui era stato dato l’incarico di “seguire la Provincia”. E io eseguivo, lui era un gigante. Mi prese a ben volere e mi “spiegava” la Provincia, mi spiegava la politica. Anche quando “dissentivo” non se la prendeva, discuteva. A un collega più vecchio di me e anche tanto meno socievole disse: “Se io sapessi scrivere come lei sarei presidente della Repubblica”. Una intelligenza assoluta. Per dimostrarmi simpatia mi chiamò da Vicenza: “Lidano ho comperato la Rossi Sud”. Era andato al fallimento della società e aveva rilevato il sito, voleva testimoniarmi che teneva al mio lavoro. E così mi informava, e mi spiegava, di quanto si faceva in giunta. Era repubblicano e fece la giunta di sinistra alla provincia di Latina, con socialisti e comunisti. Una cosa rivoluzionaria per Latina, disse di no ai democristiani, quando la Dc da noi era tutto. Dimostrò che c’era anche una classe dirigente a sinistra in grado di governare, di fare scelte strategiche per Latina. Non aveva pregiudizi e non negava nulla, neanche il papà podestà a Minturno.
Mi riceveva in ufficio e parlava, prima di lui con Corona c’era una certa distanza tra chi faceva il mio mestiere e il “capo” della provincia.
Arrivò tangentopoli, arrivò l’infamia di tangentopoli, la politica non fu come prima tra delazioni, speculazioni sulle disgrazie altrui. Gli chiesi nell’ultima intervista che fine avessero fatto i partiti che erano coinvolti in tangentopoli, lui rispose: “Noi repubblicani siamo un piccolo partito non sopravviveremo, anche la Dc non avrà più ragione di essere perché sono venute meno le ragioni per far stare insieme i cattolici, resteranno i socialisti. Loro stanno in tutta Europa, non esiste paese avanzato senza i socialisti”. Si sbagliò, ma forse quella mancanza spiega il ritardo italiano rispetto agli altri paesi europei.
Per me cronista alle prime armi è stato uno che nell’indifferenza e nella diffidenza generale mi ha dato la mano, forse se non avessi trovato in lui quella disponibilità che mi ha dato allora non sarei qui a scrivere. Mi ha insegnato che: “se non hai niente devi fare, devi darti da fare”.
Lo mandavo a salutare per il figlio Romolo che lo aveva sostituito in consiglio provinciale e lui rise molto quando sostenevo che in amministrazione provinciale c’erano 29 consiglieri eletti nella camera dei comuni e uno di diritto come nella camera dei Lord , il seggio dei Del Balzo. Chiedevo sempre a Romolo se aveva fatto il figlio maschio, per non lasciare scoperto quel seggio.
Non mi piace dire o fare gesti retorici, ma credo che idealmente un fiore sullo scranno del presidente della provincia sia il giusto saluto per Severino.
Consentitemi un passo personale: grazie Severino per avermi aiutato a fare questo lavoro, per avermi aiutato a diventare uomo.
Ciao.

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