giovedì 29 aprile 2010

Perché i giovani si distaccano dalla politica



Andrea Asole
Fra i miei coetanei (sono un sedicenne) ho potuto constatare che c’è uno scarso interesse per la politica, la res pubblica e tutto ciò ruota attorno a questo mondo. Molto spesso i miei coetanei prendono la politica come una cosa che non li tocca minimamente e di conseguenza non si interessano: non si rendono conto che la politica decide a volte del nostro futuro e le decisioni di Palazzo spesso toccano in modo diretto sia il nostro presente, sia il nostro futuro.
Molti ragazzi e ragazze della mia età la vedano come una cosa troppo complicata da capire (sia chiaro, non sto dicendo che è semplice da comprendere), altri vedono i nostri governanti come una casta che usa il potere per interessi privati. Molte volte ho sentito dire la frase: «Non m’importa nulla della politica, tanto è tutto un mangia-mangia». Altri ancora ritengono che la classe dirigente di questo paese sia troppo anziana per venire incontro alle aspettative e alle esigenze dei giovani. Ci sono poi quei ragazzi (mi riferisco soprattutto ai giovani che cominciano a lavorare) che sentono le istituzioni, specie i politici locali, lontane da loro, lasciandoli senza un tramite fra loro e politica (però quando siamo in aria di elezioni promettono mari e monti). Il giovane lavoratore non si sente tutelato e percepisce spesso a rischio la sua posizione lavorativa. Inoltre molto spesso un politico non ha un linguaggio adeguato per parlare ad un pubblico giovanile (fatta eccezione per Silvio Berlusconi e Nichi Vendola).
Qui a Latina poi la delusione nei confronti del mondo politico è aumentata dopo lo scandalo che ha coinvolto l’ormai ex sindaco Vincenzo Zaccheo. Leggevo nei giorni immediatamente seguenti alla caduta del Sindaco Zaccheo delle opinioni di alcuni ragazzi raccolte da un quotidiano locale. Qualcuno era ottimista sul futuro della città, auspicandosi un sindaco più giovane
Credo di poter comprendere la frustrazione per il mondo politico che hanno molti ragazzi della mia età, ma non comprendo il modo di affrontare la cosa: se la politica non li soddisfa, la sentono come una cosa lontana e complicata, non resta loro che impegnarsi con tutte le loro forze affinché le cose cambino. Certo ci vorrà tempo, si deve trovare un riferimento e bisogna avere le idee molto chiare su ciò che si intende fare, ma solo dopo ci si potrà sentire cittadini a tutti gli effetti, partecipi attivamente al processo democratico.

L'ARCINORMALE - Pdl uno e trino


Lidano Grassucci


Andremo da soli? Mai con i bugiardi. Tuona la sala conferenze dell’Hotel Europa. Gli astanti premettono: “Siamo nel Pdl”, “il Pdl non si discute”. E poi vanno giù pesante contro gli altri: “Bugiardi” li definisce Stefano Galetto che del Pdl è consigliere regionale, Salvatore De Monaco, che per il Pdl è vicepresidente della Provincia, se la piglia con Nicola Calandrini: “Sulla metro era d’accordo, adesso?... “. Creo aggiunge: “Sarà caduto da cavallo come San Paolo e si è convertito”.
Nei congressi socialisti e comunisti, ogni volta che c’era una scissione, lo scissionista cominciava: “Credo nell’unità del movimento operaio, nella grandezza del partito….” Salvo poi annunciare che andava via perché era lui il più puro. Di tanto in tanto l’astante esprimeva solidarietà a Zaccheo, e giù gli applausi. De Monaco legge un passaggio del funzionamento del Pdl: “discussioni sì, ma non correnti”. Perché, quella che  cosa era? Una riunione di boy scout? Un insieme di amici che si preparano ad un tressette? E’ una corrente, è una scissione, è una componente. Qualcuno dice: ma come, proprio voi finiani attaccate gli ex azzurri con le tesi di Berlusconi? Fini è dimenticato, Galetto spiega che lui sta con Alemanno. E si va avanti così. Non so chi ha ragione e chi torto, so che ho davanti una componente del Pdl. Fini aveva fatto l’esempio del Pdl in Sicilia che è uno e bino, pure a Latina ora è così. Anzi: ci sono quelli di Fazzone, questi di Guercio e Galetto, poi ci sono quelli di Di Giorgi. Insomma a Latina siamo più dei siciliani. Il partito è uno ma trino, per rimanere nell’esempio religioso di Creo siamo alla Santissima Trinità. Quando andrò da qualche prete a cercare di capire come fa Dio ad essere uno e tre, quello risponderà è Fede.
La conferenza stampa è affollata, pochi i giornalisti tanti gli astanti, un convegno, una sorta di Sala della Pallacorda.  “Mai nella stessa lista con chi ha fatto cadere Zaccheo”.
Naturalmente nessuno crede che: “sia colpa di Striscia la notizia”. Nessuno. Come se aver bisbigliato all’orecchio del Presidente della Regione, appena insediato, cose di famiglia ed aver fatto lo sgambetto a Fazzone fosse cosa non rilevante. Domando: Ma se Fazzone avesse fatto lo sgambetto a Zaccheo? La domanda non è contemplata. Fazzone è cattivo e Zac buono e la distinzione sta tra chi ama Latina (loro) e chi no (gli altri). Solo che Latina non è una bella donna ma una città e la politica ha passione non amore.
La riunione finisce, davanti ho tutti gli amministratori di Zaccheo che, non avrebbero potuto fare altro, sono rammaricati di non essere più assessori e consiglieri, lo capisco ma credo che qualche colpa il loro capo la deve pur avere. Fazzone davanti allo schiaffo visto da 12 milioni di italiani ricevuto da Zaccheo non ha mostrato l’altra guancia, cosa che avrebbe fatto, a ruoli invertiti, anche Zaccheo e la “Destra storica” (non quella liberale) richiamata da Cesare Bruni. Vanno a casa ma chi sarà il loro candidato sindaco? Guercio? Galardo? Creo? Maietta? Non è che anche da qui nasceranno tante destre? Mi fa male la testa e guardo il tricolore sul pennone del comune.
Fortuna che ci sta il commissario, mi sa che non era bene quando stavamo bene.  

LA VIPERA - INFERNO O PURGATORIO?

aemme
Messa a ricordo o ad espiazione? A Santa Domitilla, la parrocchia di Latina, in zona Cucchiarelli, è stata celebrata una messa a ricordo del Duce. Da noi, a Latina, mancava solo questo, per essere conosciuti ed indicati, nel resto della penisola, come fascisti incalliti. Mancava una messa come per ricordare  un benefattore, un uomo che ha fatto onore all’Italia. Voglio credere che la messa, come tutte quelle che si celebrano per i defunti sia stata a suffragio per ottenere da Dio la remissione dei peccati commessi in vita e non a ricordo; che sia stata, magari per lui un po’ di più, ad espiazione delle colpe, che se non ricordo male e se i libri della nostra più recente storia, non sono ricchi di fandonie, non ne dovrebbe avere avute poche. Anche a Vicenza si è svolta un Santa Messa ma qualcuno ha pensato bene di dissociarsi ed altri di improvvisare una sorta di protesta. I morti sono morti, ciascuno con i propri peccati, più o meno gravi. Da presumere quindi che la messa sarebbe stata celebrata (ha partecipato all’avento, in prima fila, pure l’ex sindaco di Latina, Ajmone Finestra),  immaginando che Mussolini, stia nel purgatorio e non all’inferno, come molti credono. Immaginando quindi di abbreviare il suo percorso che lo porterà in Paradiso.  Chissà, se esiste un’altra vita, dove si trova il Duce, dopo tanti morti sulla coscienza. A nessuno è dato di saperlo. L’unica cosa certa è la nota stonata di indicare “messa a ricordo”. Strideva di un suono fastidioso e privo di opportunità. Ma, allora, all’inferno, chi ci va?
chevipera@libero.it

martedì 27 aprile 2010

LA VIPERA - Passi lunghi e ben distesi

aemme
L’uomo è cacciatore. Punto. Un tempo così si diceva, quando magari una figlia piangendo disperata raccontava fra le lacrime alla mamma di essere stata tradita dal marito. Ed era questa la risposta che solitamente la ragazza tradita si sentiva dare, tanto per salvare quel matrimonio “indissolubile”. Come se fosse un gene presente necessariamente in tutti gli uomini. Imprescindibile. Oggi anche le donne sono diventate “cacciatrici”, un gioco, spesso il loro, tra il “ci sto e il ci penso meglio”. Ma l’uomo, per cultura, per esperienza secolare, è pronto a lanciarsi a capofitto in una qualunque relazione spinto dalla voglia di conquista, di mostrare a se stesso (e se è stupido, pure a qualche amico) che ha sempre il suo fascino ed è ancora irresistibile. Il problema serio è quando questo diventa un vizio, come quello del lupo, un’abitudine: allora sono guai. Perché pare che chi tradisce una volta possa farlo e rifarlo senza sentirsi più neanche in colpa: per sempre. E qui che si fa? Ancora per usare i detti della nonna: “la prima si perdona …”, ma siamo proprio sicure che appunto sia prima ed ultima? Fidarsi dei giuramenti? Sanno chiedere perdono quasi con le lacrime agli occhi, e poi loro, non hanno fatto niente, è capitato tutto casualmente!. E una donna innamorata vuol pure crederci e pur sapendo  che non è così, che non sarà così, ci riprova. Quello sarà sicuramente l’errore più grande e grossolano della sua vita. Ci si aspetta che diventi fedele, che non ci spezzi il cuore mai più, che non lo rifarà. La verità è che non solo lo rifarà, ma imparerà a farlo meglio, in maniera che nessuno possa accorgersene, ma lo rifarà. E quel che è peggio è che raramente sarà una migliore di te, ma prevarrà sempre (loro la chiamano goliardia) il gusto irrinunciabile di sentirsi predatori, conquistadores. Non lo perderanno mai quel vizio e allora se siamo ancora in tempo, e lo si è sempre, girare i tacchi e via. La sofferenza per un tradimento è troppo forte, almeno per tutte coloro, meno “sportive” che non lo ritengono “una goliardata”. Entra nel più profondo e ci fa, improvvisamente, rimettere in discussione non solo la nostra storia ma anche, e quel che è più grave, la nostra personale vita, noi stesse, per intenderci. Cominceranno le domande, a migliaia, che frulleranno nella testa a velocità supersonica. Sarà pure vero che con molta probabilità non siamo nati per essere monogami, ma fortunatamente non tutti gli uomini sono così, appunto per questo, al primo sentore che quello che abbiamo vicino fa parte del nutrito gruppo che lo fa per hobby, un dietrofront rapido e indolore. Non cadiamo nell’illusione tipica di alcune che pensano di essere capaci di plasmarli, di rimetterli sulla giusta via, ma che sciocca assurdità! Non rinunceranno mai dinnanzi alla nuova giovane collega, a fare i “pavoni”, a corteggiarla, così, “solamente per un senso di accoglienza della nuova arrivata, nel nuovo ufficio”. E da lì il gusto per la trasgressione, l’intrigante pericolo di un corteggiamento clandestino, faranno il resto. Una storia infinita. Siamo sempre ancora in tempo e siccome non esiste un antidolorifico da sopportazione di tradimenti, e soprattutto non ci siamo mai votate a questa sopportazione, l’unica cosa che ci rimane da fare, sarà un  invito sereno e determinato a proseguire la propria brillante carriera da sciupa femmine, da soli. Come si dice a Torino: - Passi lunghi e ben distesi!

Cisterna - Capitan Findus fa tremare gli operai

Francesco De Angelis
L’allarme c’è. Massima attenzione sul fronte sindacale alla notizia della messa in vendita del marchio Findus da parte della Unilever anche alla luce delle legittime preoccupazioni fra i lavoratori dello stabilimento di Cisterna. Del resto il colosso dei surgelati, pur in stato di buona salute, da qualche tempo risente di una congiuntura generale non proprio favorevole. Basti ricordare che giusto qualche anno fa, per 140 dipendenti (sul totale degli 850) è scattata la mobilità a causa di una crisi di mercato che non ha mancato di travolgere anche le linee produttive più moderne. Findus è marchio della divisione Sagit-Unilevel. Il sito cisternese è una delle punte di diamante del gruppo: proprio nel territorio pontino, infatti, vengono prodotte - fra l’altro - le linee «Quattro salti in padella»: i pasti veloci che hanno risollevato le sorti del marchio effettivamente in crisi qualche anno fa. La decisione di Unilever, multinazionale anglo-olandese, di mettere in vendita il marchio è ufficiale., anche se a dir la verità la notizia non è nuova. Già tempo fa si vociferava dell’esistenza di contatti con affermate aziende del mercato internazionale: si è parlato della francese Bonduelle, anch’essa specializzata nella commercializzazione di piatti pronti, dell’americana  Blackstone. Oggi invece si fanno i nomi di Permira e Lion Capital, colossi del private equity.
Intanto i 600 dipendenti attualmente in forza nel sito produttivo sulla via Appia tremano. Ieri le maestranze si sono riunite in assemblea. I segretari provinciali nel corso dell’incontro (ogni fine turno) hanno relazionato circa l’esito del coordinamento del gruppo che si è svolto l’altro ieri a Roma. Quindi è stata presa la decisione di inviare una lettera al prefetto Antonio D’Acunto al fine di sollecitare la convocazione, subito, di un tavolo ad hoc con le parti (azienda, confindustria, comune, provincia e sindacati), nell’attesa che venga fissato il vertice al ministero dello sviluppo economico. Dunque l’attenzione resta alta. Se non altro perchè la notizia, almeno per il momento, non fa stare tranquilli i lavoratori. Del resto la fuga delle multinazionali dal territorio pontino finora non ha prodotto vantaggi (vedi Good Year).

Aprilia - «Ho sparato per difendermi»

Elena Ganelli 
Udienza carica di tensione ieri  nell’aula della Corte di Assise di Latina dove si celebra il processo a carico di Davide Mariani, il tabaccaio di Aprilia accusato di avere ucciso con un colpo di fucile, nella notte tra il 18 e il 19 agosto 2008, Daniele Marcineanu, un giovane rumeno che insieme ad alcuni complici aveva rubato all’interno della taaccheria sottostante la sua abitazione.
Ed è proprio durante la  deposizione dell’imputato, chiamato a rispondere di omicidio volontario, che l’atmosfera si è surriscaldata tanto da costringere il presidente della Corte, Pierfrancesco De Angelis, a sospendere per un po’ l’udienza minacciando addirittura di far intervenire le forze dell’ordine per riportare la calma. Mariani, rispondendo alle domande degli avvocati di parte civile Palma Seminara e Stefania Inglese, ha ricostruito il dramma di quella notte sottolineando di avere sparato dal balcone della sua casa contro delle sagome che si allontanavano con alcuni sacchi, quelli nei quali erano state messe le stecche di sigarette rubate dalla tabaccheria. Un racconto che in realtà non coincide con le dichiarazioni rese subito dopo i fatti dal 45enne il quale aveva raccontato di avere visto i ladri in fuga e di avere sparato. Così i legali della famiglia della vittima lo hanno incalzato chiedendo come si sentisse dopo avere ucciso un ragazzo di 20 anni per qualche stecca di sigarette rubata, affermazione in seguito alla quale Mariani si è messo a piangere mentre i familiari, seduti tra il pubblico, hanno cominciato ad inveire contro i legali di parte civile costringendo il presidente della Corte a richiamarli all’ordine per poi sospendere l’udienza e uscire dall’aula. Alla ripresa è stato il pubblico ministero Vincenzo Saveriano  ad interrogare l’imputato il quale ancora una volta ha accontato l’effetto devastante che le vicende di quella notte hanno avuto sulla sua famiglia, moglie e figli compresi. Ma il rappresentante dell’accusa, alla mano i verbali delle dichiarazioni rese dal tabaccaio, ha messo in evidenze le numerose discrepanze tra le prime dichiarazioni e la testimonianza di ieri in aula.
«Che tipo di timore poteva avere - ha chiesto il pm - se i ladri non si trovavano all’interno della sua casa ed erano già in fuga sulla strada? E se scappavano, come lei ha dichiarato avendoli visti dal balcone della sua abitazione, per quale ragione ha sparato?».
Mariani ha continuato a ripetere di non essere certo che stessero fuggendo e di avere esploso quei colpi con il suo fucile, uno dei quali prese in pieno il giovane Daniel Marcineanu, solo ed esclusivamente per paura. E per difendere la sua famiglia.
Poi è stata la volta del perito balistico nominato dalla difesa dell’imputato il quale ha fornito alcune delucidazioni di carattere tecnico prima di aggiornare l’udienza a martedì prossimo, 4 maggio, per l’avvio della vera e propria discussione.
A prendere la parola per il primo sarà il pubblico ministero Saveriano per la requisitoria e la richiesta finale. Poi sarà la volta della difesa.
  

LATINA - Avio, un altro rinvio sul filo di lana


Teresa Faticoni
Ancora un rinvio per l’accordo Aviointeriors. Ieri il tavolo della trattativa tra le parti sociali e i vertici del gruppo Veneruso era sul punto di rompersi. Perché c’è il nodo della rotazione tra i dipendenti («lavorare meno lavorare tutti» come si diceva ai vecchi tempi) che non si riesce proprio a sciogliere. Quando l’azienda ha deciso di aprire la procedura di ammortizzatori sociali i sindacati avevano chiesto di fare la cassa ordinaria, e non straordinaria. Niente da fare. Al tavolo delle concertazione hanno chiesto l’anticipazione delle retribuzioni. E su questo pare che ci sia stata un’apertura. Il management ha detto sì anche alla richiesta di inserire a margine dell’accordo la garanzia che questa cassa non sfoci in un licenziamento alla sua conclusione. Ma quello che proprio non vuole concedere è la rotazione del personale, avendo sottratto alla procedura i reparti commerciale e progettazione. Su questo si è basata la discussione di lunedì e di ieri. Ma tutto si è risolto in un nulla di fatto. «L’azienda punta i piedi su certe situazioni che noi non possiamo trascurare», dichiara Tiziano Maronna della Fiom Cgil. Ora. La cassa integrazione straordinaria è possibile solo se c’è l’accordo sindacale, altrimenti non si fa nulla. Nell’ennesimo vertice di lunedì (sollecitato dall’azienda al momento in cui i sindacalisti si stavano alzando per rompere il tavolo) dovrà fare qualche passo indietro.

LATINA - Nalco e Janssen prima licenziano, poi assumono precari

Teresa Faticoni
Il far west del lavoro: mandare via chi gode di diritti e garanzie e prendere interinali e contratti a tempo determinato. Così la flessibilità diventa precariato. In provincia di Latina qualcuno ha approfittato della crisi per far passare sottotraccia la trasformazione artefatta del mondo del lavoro lenta e inesorabile. Due i casi simbolo nel territorio pontino: Nalco e Janssen. Nell’estate 2009 l’azienda di Cisterna ha aperto la procedura di mobilità. A oggi ci sono cinque persone espulse dal ciclo produttivo. Era l’estate del 2008, invece, quando la fabbrica di Latina decise di chiudere il reparto medical device. Cinquanta persone fuori dal sito di via dei Monti Lepini. In entrambe i casi non c’era posto per nessuno. Salvo poi, per tutte e due le situazioni, cambiare rotta. Via i lavoratori con contratto a tempo indeterminato, e dentro precari. E dire che in qualche caso ricorrere alle agenzie interinali costa di più. Il prezzo varia dal tipo di contratto, con una percentuale dl 15-20% in più. Perché dunque spendere di più? La procedura di mobilità in Nalco finisce a giugno, ma da subito sono cominciate le assunzioni degli interinali con gettone (doppia giornata). Identica cosa in Janssen, dove nel reparto farmaceutico sono cominciate le iniezioni di precariato. E dire che i cinquanta estromessi avevano già lavorato in quel settore, non c’era nemmeno bisogno della formazione. All’epoca gli ammortizzatori sociali furono spacciati come “mobilità volontaria”. Ma i conti sono presto fatti: l’azienda dice che non c’è posto per nessuno, se i lavoratori non avessero firmato sarebbero andati via comunque, ma senza l’incentivo all’esodo (pari a 28 mobilità). Alcuni di questi, che due anni fa rinunciarono alla vertenza, oggi hanno avviato invece la causa. Tutto al di fuori delle logiche sindacali. Perché le parti sociali hanno firmato quell’accordo. Magari rientra tutto nella legalità: ma le interpretazioni violente della legge sono quelle che stanno creando una guerra tra poveri che cambia in peggio il mondo, non solo quello del lavoro.

L'ARCINORMALE - Tanti sindaci, zero idee

Lidano Grassucci 
 
Sento che a Latina verrà la Santanchè, ella pare sia molto preoccupata della nostra sorte. Manco fossimo poveri greci e lei la Merkel. Non si preoccupi signora stiamo benone, non so se lei sa dove stiamo. Personalmente non l’ho mai vista sotto i portici e non credo sia pratica di Santa Fecitola, o di Gnif Gnaf. Resti a Milano, a noi pensa il commissario per un po’, poi ci penseremo da noi medesimi come facciamo dalla notte dei tempi e continueremo a fare. Non si disturbi signora non ne abbiamo di bisogno, né di lei, ne di altri come lei. State in casa vostra a noi ci pensiamo da noi. Detto questo ho scoperto che tanti miei concittadini si sentono di fare i sindaci. Sono contento e credo che siano tutti bravi ragazzi, ma oltre a proporsi nessuno mi ha detto per cosa lo vorrebbe fare. In una conversazione di quelle che si fanno quando la sera passa il testimone alla notte in piazza qualcuno ha suggerito: “rifacciamo il partito socialista”. Sarebbe bello, ma non credo che il tema della prossima campagna elettorale sarà questo. Certo i socialisti proposero a Latina non un sindaco, ma una grande idea di città. Proposero di riunire Latina al suo centro storico naturale, i monti Lepini, proposero la sintesi tra la città nuova (quella dei giganti di Pennacchi e quella dei butteri delle mie colline), proposero la sintesi tra l’uomo nuovo uscito malconcio dalle tragedie del Novecento e l’uomo storico cacciato con la mantella nera sulle infide montagne a fronte del nuovo ordine del piano.
I socialisti posero la prima idea aperta di città a fronte della città immaginata dalla Dc che cresceva come cresce la pianta di zucca (cocozza per la mia gente) intorno al suo fusto e la città dei 18 anni di nostalgia in cui la città è tornata  a finire nella prima circonvallazione.
Ma di queste cose i sindaci non parlano, vogliono la fascia non la città. Vogliono la medaglia come i generali sovietici, ma evitano accuratamente la guerra. Tutti medagliati ma tutti eroi senza guerra. In 18 anni questa città ha sedimentato un blocco sociale, la stasi amministrativa, ha uno scheletro con l’osteoporosi ma vuole fare i cento metri in meno di 9 secondi. Questa città è malata di immobilismo, è l’unica città italiana che è andata indietro nella storia. Tutti vogliono fare i sindaci perché il sindaco non è altro che un vice re, un esecutore di idee che stanno fuori. Erano patetiche le visite dei potenti romani ricevuti dai sindaci che, così facendo, ammettevano di avere sovranità limitata. Zaccheo prima della traumatica azione di suicidio politico ha ricevuto in pompa magna un tal Storace, consigliere regionale. Perché non ha fatto la stessa cosa con Di Giorgi, Galetto, Moscardelli, la Cetrone, Sciscione, Aldo Forte? Non è che Storace è più consigliere regionale di questi.
Ora tra i tanti aspiranti sindaco c’è uno che ha la schiena dritta per dire ai romani: “stete a casa vostra”? Ecco un sindaco dovrebbe avere una idea di città e una schiena dritta, ci sono uomini così tra i giganti? Tra i miei bassotti e neri dei lepini? O in altri termini tra i cispadani e i marocchini?

lunedì 26 aprile 2010

L’eretica - La morte e il silenzio


 Alessia Tomasini

Ogni morte, soprattutto quando è di persone giovani, suscita grandi reazioni. Indignazione, rabbia, ricerca spasmodica dei responsabili. E quando è il destino a metterci lo zampino alziamo gli occhi al cielo cercando di spiegare l’inspiegabile con la fede. Non entro nel merito di tutto questo, non ho nè competenza, nè voglia. Ma vorrei soffermarmi su quello che la morte di una persona è, a prescidere, dall’età, dalle circostanze. Chi va via lascia un vuoto e una tragedia difficile da spiegare o colmare anche con la fede. Perchè il dolore è cosa umana non ha ragione nella mistica, nel soprannaturale. E’ quel senso di vuoto che ti attorciglia lo stomaco e ti toglie il respiro. E’ quella rabbia profonda contro il nulla che ti porta a schiacciare il piede sull’acceleratore quando il semaforo è rosso mille e mille più volte per vedere se a te capiterà la stessa cosa. Se un’altra auto sfreccerà davanti a te colpendoti, solo per scoprire che non è arrivata la tua ora. E il disegno, se un disegno c’è, diventa ancora più inspiegabile. Mi hanno detto che le persone vemgono al mondo da sole e che da sole se ne vanno. E chi resta? Non è ancora più solo? Non è ancora più vicino al baratro della morte quando tende la mano e si accorge che di fronte ha solo persone che provano pena o che ascoltano in silenzio meditando “meno male che non è capitato a me”? Non so perchè ma vedo tanta ipocrisia intorno a chi soffre, a chi è rimasto. Vedo tante parate e poca umanità. Tante parole e poca disponibilità a quel dolore che urla tanto forte da sprofondare nel silenzio tutto quello che circonda. E l’unico modo allora è mettere tutto in un armadio e premere con forza perchè le ante non si aprano scoprendo quello che è solo baratro.  Stephen King scrisse: “il tempo porta via tutto, che tu lo voglia o no. Il tempo prende tutto,  il tempo se lo porta via, alla fine rimane soltanto l'oscurità. A volte troviamo qualcuno nell'oscurità e qualche volta li perdiamo nello stesso modo”. Ciascuno di noi, a volte, perde la strada e una parte di se stesso. Il punto è che perdere la propria strada durante un viaggio è sfortuna, ma perdere la ragione durante il viaggio è un destino ancora piu' crudele. Ed è questa la vera morte per chi vive.

LA VIPERA - Silvio e i sacramenti

aemme 
E Silvio non si fa mancare niente. Come sempre, non è abituato alle rinunce. Durante i funerali di Raimondo Vianello, che si sono svolti a Milano, il 20 aprile scorso, come se niente fosse si accosta al sacerdote al momento della comunione e riceve l’eucarestia. Lasciando tutti un po’ perplessi, basiti, direi. La Chiesa attraverso il Papa si è sempre espressa chiaramente: tutti i separati e i divorziati non possono riceverla. Per poter fare la comunione è necessario essere puri nello spirito, regolarmente confessati e assolti ciascuno dai propri peccati. Quindi solo coloro che non hanno peccato possono comunicarsi. E il divorzio è evidentemente un peccato grave, addirittura anche per chi è stato lasciato. E comunque, gli insegnamenti della Chiesa, si eseguono, non si discutono, né si aggirano. Ma Silvio è sempre super partes, non si allinea mai, come sempre ritiene di poter fare qualsiasi cosa crede e così, pure la comunione, lui, che ha all’attivo non solo un divorzio, ma pure una separazione. Tra l’altro lo ha fatto in maniera plateale, dinnanzi alle telecamere di Mediaset che riprendevano la cerimonia. E così, un avvocato chiede spiegazioni al Papa: perché il prete gli ha concesso un privilegio vietato ad altri cattolici divorziati? Ho diversi amici che separati o divorziati non hanno più potuto accostarsi all’eucarestia, potendo partecipare esclusivamente alla messa. Figlio della gallina bianca, verrebbe da chiedersi? L’avvocato Giuseppe Fabiani, non si ferma a domandarselo, ma lo fa direttamente, attraverso un telegramma, al Santo Padre, Benedetto XVI, chiedendo espressamente al Pontefice per quale motivo, il premier fosse stato esonerato da questo divieto, che non lascia interpretazioni. Dal canto suo, intervistato, il sacerdote che ha amministrato la cerimonia funebre, cade dalle nuvole dicendo che pur sapendo che Berlusconi è divorziato, non era certo quello il momento per porre una simile questione. “Potevo negargliela"? No, e allora quando si deve negare? Due pesi e due misure quindi, quando diversa gente se l’è vista negare come se fosse rea di pluriomicidi. Non sarebbe più facile estendere la possibilità a tutti i divorziati? Pare che sia utopia. Nel frattempo il premier, mentre continua a modificare le leggi degli uomini, pro domo sua, adesso ci prova, e sembra riuscendoci, a modificare anche quelle di Santa Romana Chiesa.
chevipera@libero.it

L'ARCINORMALE - La verità capovolta

Lidano Grassucci
Ma si puo’ commissariare l’Inter e a dirlo è il Livorno che retrocede? Leggo, anche su queste colonne, che dovrebbero commissariare la Pdl di latina. A dirlo sono i seguaci di Zaccheo, nel nostro esempio i tifosi del Livorno, che vorrebbero spiegare a Moratti come si vince un campionato e come si batte il Barcellona. Il Pdl di Latina ha preso 100 mila voti piu’ del centrosinistra sulla Polverini, sei consiglieri regionali e un assessore, il suo coordinatore è il piu’ votato in Italia dopo un ministro, Mara Carfagna che correva a Napoli che ha 4 volte gli elettori di Latina.
Per far capire l’assurdita della cosa è come se quelli della repubblica di Salò dicessero agli americani “avete pochi mezzi per far la guerra”.
Dice: ma Fazzone ha dimesso Zaccheo: Perché Zaccheo se Fazzone avesse detto in tv che bisognava favorire il figlio e non dare niente a Zaccheo cosa avrebbe fatto? Un regalo a Fazzone, lo avrebbe baciato in bocca?
La verità capovolta è la prima volta che la incontro. Zaccheo è caduto per sua ignavia non per volontà di altri. Pianga se stesso se vuole ma non se la prenda con chi ha “provocato”. I giapponesi hanno attaccato gli Stati Uniti senza preavviso, pensando di far male e cancellare l’avversario: lo hanno solo ferito e dopo 4 anni gli amerucani stava a Tokio. Ma la storia dalle parti di via Gramsci non è maestra di vita.
Fazzone se non chiudeva con Zaccheo non era un capo, Zaccheo lo ha ferito nell’orgoglio. E non possiamo accusare gli americani di colonialismo perché hanno occupato il Giappone.
Se muovi guerra devi mettere in preventivo di perdere, altrimenti cerca la pace.
PS: Pennacchi ha ragione, noi veniamo dai giganti, ma ci sono certi nani che si mettono i trampoli per esser giganti. Caduti i trampoli rimangono quel che sono nani. Il prossimo sindaco deve essere della genia pontina ma senza il gusto di barare. Un gigante leale come lo sono state le genti qui venute, e Antonio mi consenta, anche quelli qui nati e cresciuti liberi.

LATINA - Confindustria si accorge che c'è la crisi


Teresa Faticoni
Quando il gioco si fa duro, anche Confindustria decide di scendere in campo. La notizia della vendita di Findus da parte del gruppo Unilever è stata evidentemente la goccia che ha fatto traboccare il vaso nel quale in questi mesi si è accumulato un diluvio di crisi. «È con viva apprensione che assistiamo all’ennesima testimonianza del momento di profonda precarietà che vive il comparto produttivo dell’intera area pontina - ha commentato il presidente di Confindustria Latina Fabio Mazzenga -. L’apertura, quest’oggi a Roma (ieri per chi legge), di un tavolo di trattative per salvaguardare gli investimenti e quindi l’occupazione di una tra le più importanti aziende multinazionali radicate in provincia di Latina, conferma il momento di particolare difficoltà che sta investendo questo territorio». Finalmente, potremmo dire. Se anche gli industriali, tartassati evidentemente dalla drammatica congiuntura che sta facendo sentire i suoi effetti in questa provincia a scoppio ritardato, allora significa che c’è davvero qualcosa da fare. «Non v’è dubbio che ci troviamo alle prese con difficoltà che affondano le proprie radici in un contesto di carattere generale, in una congiuntura mondiale estremamente complessa e delicata - ha ripreso Mazzenga -. Ma appare altrettanto evidente di come occorra intervenire in maniera risoluta perché i fatti che si stanno succedendo in provincia di Latina, dove questo momento di forte contrazione economica sta trovando preoccupante riscontro, lasciano presagire il rischio di un drastico ridimensionamento del futuro industriale, con conseguenze facilmente immaginabili sugli assetti occupazionali e sociali del territorio». L’associazione degli industriali pontini ha deciso quindi per la strada dell’intervento. Mazzenga richiama alla mobilitazione istituzionale, con un invito che si augura sia accolto sin da subito, e comincia da casa sua. «Abbiamo avvertito la necessità di convocare, con carattere di straordinarietà, una riunione congiunta della giunta e del direttivo di Confindustria Latina per il prossimo 4 maggio, al fine di analizzare il momento e gettare le basi di una strategia capace di arginare gli effetti della crisi». Il presidente ha anche coinvolto Emma Marcegaglia, leader nazionale di Confindustria, la presenza della quale in occasione della prossima assemblea annuale di Confindustria Latina, «costituisce un’occasione irripetibile per affrontare la problematica e tentare di dare risposte concrete al sistema delle imprese». E alla fine un appello alla sinergia: «Auspichiamo - ha chiuso Mazzenga - che in tutte le sedi si apra presto una fase di confronto che sia in grado di dare al territorio, in tempi brevi, quelle risposte che sono indispensabili e non più rinviabili».

PONZA - Ornitologi nuovamente sotto tiro

Raffaele Vallefuoco  
La Stazione di Ornitologia Ponzese, struttura che conduce studi di ricerca sull’ecofisiologia delle migrazioni, fiore all'occhiello della comunità scientifica internazionale, ha subito la scorsa settimana l’ennesimo furto di reti: il terzo dal 2000 «Un danno, non solo economico - spiegano dal centro ricerche - anche se ci vogliono dalle 400 alle 500 euro per il riallestimento del campo sul quale vengono condotti gli studi,  ma anche, e soprattutto scientifico, visto che da anni la Stazione è punto di riferimento per le ricerche sulle rotte migratorie degli uccelli». Ponza, infatti, in questo senso si configura come meta privilegiata di studi, considerando il ruolo centrale che occupa nella geografia del Mediterraneo. Una specie di scalo per i “migranti”, che la utilizzano per fare il pieno e per poi ripartire. «Certo - ammette Massimiliano Cardinale, direttore del centro di ricerca - questa è una caratteristica che accomuna tutte le isole, ma Ponza, in questo senso, è uno straordinario punto di riferimento». La Stazione di Ornitologia Ponzese in ragione dell’impegno profuso quotidianamente si è guadagnata la stima di numerosi poli universitari. «Da anni - spiega il direttore della struttura - conduciamo studi in collaborazione con l’Università di Ferrara, l’Istituto Max Planck di Ornitologia (Germania) all’interno del progetto Flexibility and constraints in animal movement patterns: ecology, evolution and annual cycles coordinato dal Norwegian Research Council». Una partnership di rilievo per una struttura che arriva a contare fino a 80 operatori, per la maggioranza volontari. Per questo il furto appena perpetrato è doppiamente una beffa. «è grave perché rischia di compromettere il morale dei nostri operatori - si preoccupa il direttore Cardinale che, quindi, ci spiega i progetti promossi dal Centro -. Le reti appena rubate sono fondamentali per la nostra attività di ricerca. Queste infatti trattengono gli uccelli che, approdando sull’isola, vengono inanellati. In sostanza agganciamo loro degli anelli metallici forniti dall’Ispra. A questo punto gli individui catturati vengono rilasciati, dopo la raccolta delle misure biometriche e fisiologiche». Ecco quindi spiegato il grave danno cagionato. «In seguito al furto, infatti, abbiamo dovuto installare un nuovo sistema di reti, con conseguente ritardo negli studi». 

sabato 24 aprile 2010

LA VIPERA - BIMBI AL VOLANTE

aemme

Bimbo a bordo, no bimbo conducente a bordo! Non trasportati, conducenti. Sfrecciano come pazzi su auto che, per dimensioni e caratteristiche ridotte, chiamiamo “mini”. In realtà hanno le caratteristiche di un’auto piccola del tutto simile ad una city car, ma con sistemi di sicurezza non allo stesso livello. Spesso, tra l’altro, vengono “truccate” nel motore per cui gli viene potenziata la velocità rendendole quindi ancor più pericolose. Sono poi molto meno sicure per  la scocca pressoché inesistente che le contiene e dovrebbe proteggere l’abitacolo, carrozzeria in resina, niente air bag, né sistemi di frenata sicuri e affidabili come l’ultima tecnologia monta e impone a tutte le automobili anche alle più piccole. Inutile e ridicola (una vera e propria presa in giro) poi la preparazione alla guida da parte dei ragazzi, che appena quattordicenni, si ritrovano fra le mani un mezzo, che senza la giusta consapevolezza dei rischi e delle regole della strada, diventa una mina vagante, un’arma spesso fra le mani di incapaci. Una mina che sfreccia a tutta velocità, senza rispetto di alcun genere: dei passaggi pedonali, dei semafori rossi, degli scivoli per gli handicappati. A Roma un ragazzino di 16 anni ha investito con la sua vetturetta, un bambino di 8 anni che è grave ed è ora ricoverato, in prognosi riservata all’ospedale Sandro Pertini. Il ragazzo che insieme al bambino ha investito pure la zia, che ha subito solo lievi lesioni, è stato multato per guida pericolosa. Stamattina stavo per attraversare un incrocio quando, ben tre macchinine,  passano con il rosso (rosso da un pezzo) tagliandomi la strada e costringendomi ad inchiodare per evitare l’impatto. Loro neanche un cenno per chiedere scusa. Non sarebbe bene far fare a questi ragazzi almeno una sana e seria scuola guida, che comprenda anche lezioni di guida in città? Non sarebbe il caso che i genitori si mettessero accanto a loro, anche per mesi, se necessario, fin quando i ragazzi mostreranno la giusta “maturità” che consenta di girare per la città con serenità, loro e della società intorno a loro? Già gli Schumacher alla guida non ci mancavano anche fra i maggiorenni e i patentati regolari da anni, ma pure i bambini che credono di stare ancora all’auto scontro con mamma e papà (senza però il limite e la protezione di un circuito), che mentre sbatti frontalmente contro un’altra macchinina ti sorridono contenti. Qui c’è in gioco la vita: di chi guida, cari genitori, ma spesso anche di chi si trova casualmente ad essere nel mirino di questi ragazzi che ti puntano e…”o ti sposti o peggio per te”.

chevipera@libero.it

L'ARCINORMALE - 25 aprile, non tutti eguali



Lidano Grassucci



Oggi è il 25 aprile, il giorno della libertà. Il giorno in cui finiva un pezzo della follia totalitaria che aveva ucciso l’Europa. Quel male sottile e mostruoso che era così razionale da negare l’uomo, la sua umanità. Nella mia città non ci sono segni di questa festa, ma la mia è una città che sembra non volere il sole che qui invece picchia forte. Nelle mie colline non ci sono mai stati padroni e quella follia attecchì un po’ meno. La mia gente è nata libera in una terra libera, poi “l’uomo nuovo” costruì confini al piano, e mise ragione con quadro e squadro alla mostra anarchia. Qui non c’erano leggi, qui non c’era Dio. Quando i messaggeri del Signore passarono si fermarono a Foro Appio ma si guardarono bene dal restare.
Il 25 aprile è stato il giorno in cui finiva l’incubo, ma a Latina lo ricordano mischiando la cosa con la festa di San Marco. Non è la festa di un santo ma della libertà, è la memoria di quella cosa di cui solo i servi non sanno cosa farsene e per gli altri è l’unica ragione di essere.
Capisco che per ricordare questo giorno ci vorrebbe schiena dritta conoscenza della storia patria. Ma chi la insegna? Chi si ricorda più della guerra perduta, dello Stato che si scioglieva e dei ragazzi che a 20 anni restarono soli senza niente. Soli come senza padre, senza madre, senza dignità. Chi lo ricorda il capo che scappava nascosto in abiti di un esercito straniero, o del Re che era già andato via pensando alla sua pelle prima che a quella della sua gente. Vili capi che nessuna revisione potrà salvare dall’ignobiltà che è di chi fugge. Sto qui dove ho scelto di stare, sto qui da dove non mi sono mai spostato dalla parte dei liberi.
In questi giorni per una serie di accidenti, sarà il fato, mi inseguono i ricordi di quando sognavo di cambiare il mondo, mi inseguono le persone, i luoghi, i ricordi. Ecco avevo sognato allora l’oggi di questi tempi come solare, libero. Oggi a Latina ricorderanno San Marco, qualcuno organizza visite in bus alla tomba del capo con tanto di panino gratis. E’ il caso di evidenziare che oggi si ricordano quelli che stavano con la libertà e non dimentico di ringraziare i ragazzi americani, polacchi e di tutto il mondo che sono morti qui per far si che noi avessimo dignità e speranza. La Storia non è neutra e nella storia non tutte le parti sono state eguali: quella dei liberi era la parte giusta l’altra sbagliata.

venerdì 23 aprile 2010

LA FORMICA ROSSA - L'ORA DI DARE I NUMERI

tieffe
Dicono che tutto va bene. Dicono che l’accordo Birtsol è migliore di quello Pfizer. Dicono che il futuro sarà bellissimo. Dicono. Eppure chissà perchè dal primo istante in cui si è saputo cosa conteveva quel documento si avvertiva una specie di ovosodo «che non va né in su né in giù» come nel film di Virzì. Quanti lavoratori Bristol saranno licenziati? Questa è la domanda vera che non ha ancora avuto risposta e che rovina la festa celebrata ieri. A nulla serve dire che entro due mesi sapremo. Come fa un lavoratore ad alzarsi la mattina e ad andare a lavorare come se si giocasse il posto alla roulette russa? È il momento della verità: date i numeri per favore. 

LATINA - Carcere, allarme del garante per l'aumento del numero dei detenuti

 Elena Ganelli
 
Sembra destinato ad una escalation senza fine il numero dei detenuti nelle carceri del Lazio così come in quello del capoluogo pontino.
Ancora una volta è il garante regionale dei diritti dei detenuti Angiolo Marroni a fornire i dati dell’ultimo censimento, quello del 21 aprile scorso, secondo il quale i reclusi nelle quattordici carceri della Regione erano 6.138, vale a dire 56 in più rispetto alla rilevazione di marzo e 256 più rispetto a quella di febbraio. I numeri sono quelli forniti dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria e del Provveditorato generale dell’Amministrazione penitenziaria.  
Scendendo nel dettaglio i detenuti presenti nelle carceri del Lazio sono attualmente 6.138 di cui 5.704 uomini e 434 donne mentre l’11 marzo erano 6.082 suddivisi tra 5648 uomini e 434 donne e ancora prima, a febbraio, 5.882 di cui 5.470 uomini e 412 donne.
I reclusi sono 1.509 in più rispetto alla capienza regolamentare degli Istituti laziali dichiarata dal Dipartimento amministrazione penitenziaria, pure aumentata dall’ultima rilevazione: 4.629 oggi contro i 4.598 posti di marzo. Gli stranieri in carcere complessivamente sono 2266, il 37%  del totale.
Per quanto riguarda la casa circondariale di Latina a oggi ospita 166 reclusi, 130 uomini e 36 donne a fronte di una capacità regolamentare fissata in 86 presenza, di cui 57 uomini e 29 donne.
Nel complesso sono leggermente diminuiti i detenuti in attesa di giudizio definitivo: se nei mesi scorsi il dato era il 50% dei detenuti presenti, oggi la percentuale scende di due punti (48% pari a 2961 reclusi): i reclusi in attesa di primo giudizio sono 1.467, gli appellanti sono 860, i ricorrenti 524, quelli in posizione mista senza definitivo 140. I condannati definitivi sono 3.045.
«Il trend dei detenuti presenti nelle carceri Lazio è allarmante - ha detto il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni commentando i dati - e ormai anche le altre componenti del pianeta carcere cominciano a denunciare con forza una situazione sempre più grave. Non è un caso  - continua - che ormai da settimane gli agenti di polizia penitenziaria in diversi istituti della regione hanno iniziato a manifestare contro le condizioni di vita e di lavoro. E’ palese la violazione della norma Costituzionale secondo cui la pena deve punire ma anche rieducare.
L’ho già detto più volte - ammonisce Angiolo Marroni - prima che il sistema arrivi al punto di non ritorno occorre avere il coraggio di cambiare un sistema legislativo che, oggi, non fa altro che produrre carcere».

LA VIPERA - Una domanda in tedesco e una risposta in siciliano

aemme

Travisare il senso di una frase, di un discorso. A me sembrava un fatto episodico, qualcuno che non capisce cosa dici, cosa scrivi o cosa dicono e scrivono altri. Vedo, ahimè, reinterpretare pensieri ed argomenti a proprio piacimento assecondandoli alle proprie capacità o voglia di recepire un messaggio piuttosto che un altro. Un mio caro amico e giornalista, Franco Di Mare, mi disse un giorno che ciascuno legge e trova in ciò che dici e in ciò che scrivi quello che ci vuole trovare, magari anche a seconda del suo particolare stato d’animo del momento. E io rispondevo con vigore che non poteva essere così, le frasi formulate nella giusta maniera e con i corretti aggettivi, non possono lasciare spazio ad interpretazioni personali. Sono quelli i pensieri di chi scrive, e non altri, condivisibili o no, ma sono quelli. Un conto è avere un’idea diversa, un altro è travisare completamente il senso del discorso, reiventandone uno completamente diverso. Qualche anno più tardi un caro amico mi ribadiva lo stesso concetto. Scrivere è come in un film: ciascuno lo legge a suo modo e ne reinterpreta la trama a suo gusto, in base al suo pensiero e all’ umore di quel momento. Ma non solo in un romanzo anche in un articolo di mezza colonna. E così giorno per giorno, mi sono accorta di questa strana verità. Qualche volta chiedo conferma a chi mi sta accanto, di quanto ho sentito dire perché ho idea che altri interlocutori fraintendano il messaggio iniziale. I commenti al cinema o i racconti, i giudizi o le recensioni, ne sono la conferma. Addirittura a volte sento, vicini di poltrona, suggerire all’interprete quanto dovrebbe fare e qualche fastidio se i suggerimenti non sono ascoltati. Mah, un mondo sempre più strano, sembra che le parole siano come i tarocchi: ognuno le interpreta a modo suo. E costringe l’altro alla replica, ad un ennesima spiegazione. Che fatica!

chevipera@libero.it

L'ARCINORMALE - Commissario e sogni



Lidano Grassucci

Mi sono permesso di scriverle, signor Commissario, come ho già fatto da cittadino e lo rifaccio con lo stesso spirito. Leggo che lei ha promesso di dar corso ai grandi progetti che la passata amministrazione ha messo in campo.
La cosa mi ha colpito, credo che la Sua funzione sia quella che ha lo Stato quando entra in un campo che non è il suo. Sono le comunità che si autogovernano scegliendo liberamente i propri amministratori, lo Stato quando interviene per incapacità di questi deve gestire l’ordinario.
Insomma per noi cittadini di Latina sarebbe straordinario, eccezionale, bellissimo avere per alcuni mesi un “amministratore ordinario”, uno che rende decorose le strade, si occupi delle scuole elementari e medie, di quelle per la prima infanzia. Un Comune che risponda civilmente e celermente alle richieste delle imprese e dei cittadini.
Basta, non ci serve altro signor Commissario. Il resto, se lo riterrà, lo farà il prossimo sindaco che ci sceglieremo litigando, dividendoci, votando sul suo progetto.
L’amministrazione Zaccheo aveva le sue idee, i suoi progetti, ma è “caduta” e si è pure fatta male, quelle idee quei progetti non sono più nel patto che c’era tra i cittadini ed il sindaco.
Signor commissario non ci faccia il porto, non si impelaghi nella metro, chiuda, venda, le società partecipate a cominciare da quel buco nero che è l’intermodale, non ho conoscenza di amministrazioni comunali che si occupino di trasporti merci.
Il resto non ci serve. Ci faccia vivere, almeno per alcuni mesi, con un Comune con i piedi per terra.
Se può per domani faccia un bel manifesto sulla festa della Liberazione, sa per noi liberi di questa città sarebbe un bel segno e lei, funzionario della Repubblica, mi può capire.
Insomma Commissario ci amministri, per i sogni ricominceremo dopo. Perché lei sa che certi sogni se non hanno gambe diventano incubi.

Bristol, quello strisciante malessere


Teresa Faticoni

«Prendiamo atto dell’accordo», dice il sindaco di Sermoneta Giuseppina Giovannoli a proposito della firma del documento tra le parti sociali, la Bristol e la Corden Pharma Latina. Una dichiarazione laconica che apre lo squarcio su alcune perplessità emerse già dai primi minuti dopo la firma. «Finalmente si iniziano a intravedere spiragli di soluzioni concrete per la questione Bristol. Questo è stato il risultato di un insieme di azioni promosse in maniera sinergica dal consiglio comunale di Sermoneta, sostenute dai sindaci delle città limitrofe e dalla Provincia di Latina, che ha svolto un ruolo di mediazione con il governo nazionale, e naturalmente dai sindacati in maniera unitaria», aggiunge la Giovannoli. Qualche certezza è acquisita: Bristol cederà le sue molecole a Corden e anche le sue attuali produzioni; Bristol trasferirà a Corden il suo know how tecnologico, Corden presenterà il suo piano industriale entro sessanta giorni. Ecco, sta proprio qui la cambiale in bianco che lascia spazio a qualche tentennamento. Di quante persone avrà bisogno Corden per fare queste produzioni che sono assicurate da Bristol per tre anni almeno? La Giovannoli va infatti dritta al cuore della questione: «Dal nostro punto di vista restano aperte le questioni relative ai processi di riorganizzazione industriale e quanto ciò potrà giovare in termini di occupazione futura». Negli ultimi mesi, stanti le produzioni a regime a scartamento ridotto della Bristol, si parlava di un taglio di almeno 200 persone. «La Bristol ha garantito il trasferimento della forza lavoro, ma Corden Pharma ha dichiarato di essere a conoscenza delle normative italiane rispetto agli ammortizzatori sociali- sottolinea il sindaco -. Ciò significa che è interessata a utilizzare questi strumenti. Da qui, la necessità di cautela nell’esprimere giudizi più o meno positivi, in attesa di poter conoscere il piano industriale di Corden Pharma». I dipendenti attuali, considerato che alcuni dirigenti non hanno creduto nel progetto e si sono ricollocati (evidentemente in posti più sicuri) altrove, sono 795. La multinazionale americana viene da due procedure di ammortizzatori sociali. Tirando al massimo sarebbero una cinquantina le persone che possono eventualmente con la mobilità agganciarsi allo scivolo per la pensione. E gli altri? Abbiamo visto padri di famiglia, ragazzi, mamme con i bambini a seguito. Che fine faranno? La Giovannoli ha intenzione di convocare un incontro con la Corden Pharma, «per condividere ogni iniziativa che possa rivelarsi favorevole per il suo sviluppo industriale, anche attivando sinergie con le altre istituzioni e in particolar modo con la Regione Lazio, in quanto consapevoli della necessità di una riorganizzazione industriale del nostro territorio».

giovedì 22 aprile 2010

Bristol con la Corden al collo


Teresa Faticoni
Firmato l’accordo, adesso prepariamo la cessione. Ieri mattina è stato sottoscritto in Confindustria a Latina il documento ufficiale che rappresenta il primo passo del lungo percorso che porterà in via del Murillo la società tedesca al posto della multinazionale americana. C’erano centinaia di lavoratori in via Montesanto con i fischietti, con i cartelloni, con le bandiere attaccate sui cancelli del palazzo ex Usl. C’era la Digos, c’erano i poliziotti e i carabinieri che hanno scortato il management delle due società quando scendendo dal palazzo di Confindustria si sono recati nella sala riunioni nell’edificio di fronte. Non c’era davvero bisogno, si sono solo alzate le voci (gridavano «buffoni»). Poi è cominciata la trattativa. A un certo punto è uscito Roberto Cecere, segretario della Femca Cisl, a rassicurare tutti: la cosa si sta mettendo bene. E alla fine, infatti, si è messa meglio di quanto ci si poteva aspettare. La Bristol accorda inizialmente tre anni di produzioni alla Corden Pharma con il trasferimento di quasi tutti i brevetti in modo che nello stabilimento si potrà produrre anche farmaci generici usando le molecole della Bristol. Entro sessanta giorni dalla cessione firmata dal notaio la Corden Pharma presenterà il piano industriale. E soprattutto, per quello che riguarda la concertazione squisitamente sindacale, la Corden si è impegnata a rispettare i trattamenti in essere in casi di procedure di mobilità, che al momento non si possono escludere. In sostanza viene riconosciuto lo stato avanzatissimo delle relazioni industriali e sindacali che fino a oggi hanno caratterizzato il colosso chimico farmaceutico. Di più: in questi mesi in cui si completerà la cessione il management Bristol affiancherà la dirigenza Corden per il trasferimento del know how acquisito e implementato in 40 anni di presenza su questo territorio. Resta solo un punto interrogativo gigantesco: quante persone saranno mandate a casa in un eventuale piano di riorganizzazione aziendale? Su questo non si può anticipare nulla, perché i rumors dicevano 200 ma si trattava ancora di proporzioni calibrate sulle produzioni Bristol. Il futuro si chiama Corden Pharma, e non resta che aspettare che passi di qua.

FORMIA - Il Comune: «Le istanze di Santa Croce sono state già recepite»

Raffaele Vallefuoco
Le istanze del Comitato Santa Croce suscitano l’attenzione del Comune di Formia che, attraverso una nota, evidenzia che il progetto  riguardante «la realizzazione di un collegamento viario con ponte di attraversamento del Torrente Santa Croce è inserito nel programma triennale delle opere pubbliche 2010/2012. L’ipotesi progettuale prevede il collegamento tra l’esistente stradello che occupa impropriamente la vecchia sede della dimessa ferrovia Gaeta - Sparanise e la S.S. 630 Ausonia in prossimità dello svincolo Santa Croce. Tale stradello allo stato attuale è parzialmente inaccessibile per eventuali mezzi di soccorso a causa dell’altezza limitata del sottopasso alla direttissima Roma - Napoli. L’intervento proposto si rende indispensabile per consentire l’accessibilità ai veicoli di soccorso e l’inserimento dei veicoli nelle direttrici di traffico circostanti, mentre in corrispondenza del torrente Santa Croce è prevista la realizzazione di un ponte in struttura mista».  «Questo intervento – spiega il sindaco – è indispensabile per mettere in sicurezza la strada e consentire l’accessibilità e la fruibilità di flussi di  mobilità veicolare, permettendo la realizzazione di un ponte stabile che consenta l’attraversamento del torrente Santa Croce. Un’opera pubblica necessaria per la rete viaria collegata all’estrema periferia est di Formia e per la crescita di nuovi insediamenti abitativi». 

GAETA - Pozzi Ginori: adesso unità dei sindacati!

Raffaele Vallefuoco
La Bristol fa saltare l'incontro convocato dall'Ugl - Chimici sulla
Pozzi Ginori. Era atteso per mercoledì il briefing tra Armando
Valiani, presidente provinciale, e i dipendenti iscritti al sindacato.
 Un incontro per fare il punto sulla crisi determinatasi all'indomani
del referendum che ha bocciato le proposte avanzate dal management.
L'azienda chiedeva, in particolare, un taglio dei benefit in busta
paga e una riduzione dei giorni di ferie per ciascun lavoratore. Un
sacrificio per attutire la contrazione del mercato che ormai da un
anno fa registrare costantemente enormi perdite nelle corrispondenti
voci del bilancio aziendario. Adesso l'obiettivo dei sindacati dovrà
essere non tanto la salvaguardia dei posti di lavoro (la Pozzi Ginori
ha già dato), quanto piuttosto la difesa degli stipendi. La ditta,
infatti, per cominciare a produrre «pezzi» di qualità medio - bassa
deve affrontare non pochi tagli. Per questo le organizzazioni
sindacali dovranno tornare a condurre in sinergia una vertenza che si
profila «sanguinosa». Qualche passo in questa direzione è stata fatto.
Infatti spiega Valiani «sulla Bristol ci siamo seduti allo stesso
tavolo per ragionare insieme sulle misure da mettere in campo». Per
questo da oggi potrebbe cominciare un percorso unitario, che significa
prima di tutto difesa del lavoratore. Da parte loro i dipendenti sono
stufi di assumersi da soli il peso di questa crisi. Certo non
intendono defilarsi da eventuali sacrifici che imporrà l’azienda.
Tuttavia questi saranno maggiormente accettati quanto più importante
sarà la riorganizzazione aziendale.

L'ARCINORMALE - Se fossi Dio, tacerei

Lidano Grassucci 
 
Mi occupo, di tanto in tanto, di cose di Fede non avendone il dono. Ma ieri Marcello Caliman ha fatto, su queste colonne, delle considerazioni che mi spingono a scrivere. Marcello è credente, è diacono, e segue per la curia di Gaeta i rapporti con la comunicazione. In un passo Marcello dice, parliamo della tragedia di Ventotene di due ragazze di 13 anni morte sotto un masso: “Dio era sotto quel masso”. Poi “Da sei milioni di ebrei trucidati, è rinato lo Stato di Israele dopo 2000 anni”.
Non conosco Dio ma se Dio era lì sotto, sotto il tufo non è un Dio umano. Marcello hai visto mai gli occhi di una ragazza di 14 anni? Ha voglia di vivere, di innamorarsi, di piangere per amore, di giocare, di soffrire. E’ piena di sogni. Li hai mai guardati, non da prete, ma da uomo. Se il tuo Dio c’è non poteva stare lì sotto, non poteva non agire. Dei sei milioni di ebrei uccisi da cani arrabbiati e dai loro servi c’erano bambini che volevano giocare e diventare grandi, volevano scoprire che significa vivere. Sono morti e non sono morti di meno, caro Marcello, perché è nato lo stato di Israele. Se Dio c’era, doveva fermare i cani assassini, nessun disegno giustifica la morte di un bimbo, nessuno. Dio non c’era sotto quel sasso a Ventotene, come non c’è nella testa di quei preti islamici che in Nigeria vietano alle donne di far somministrare il vaccino antipolio ai loro bimbi e 123 di quei bimbi sono stati condannati a vivere paralizzati. No, lasciate stare ‘sta roba. Io, caro Marcello, credo nell’umano e il Dio delle religioni spesso dimentica, semplicemente, di essere umano. Piango umanamente quelle bimbe pensando alle donne che non saranno mai, ai sogni che non realizzeranno mai, agli amori che non avranno, al loro cuore piangente per amori perduti in attesa dei prossimi.
No, caro Marcello Dio non c’era lì, non c’era con i figli di Israele, non c’è nella vita dei 123 bimbi nigeriani offesi dalla polio. E non c’è disegno giusto che non sia umano, e un disegno che prevede la morte di due ragazze di 13 anni è, comunque, un disegno non umano.
Questo, caro Marcello ti dovevo da uomo, da laico e da credente in quella cosa che la mia gente mi ha insegnato non la Fede ma la pietà, il rispetto dell’umano, e mi hanno raccontato di un Dio umanissimo che piangeva accanto agli ultimi. Il mio Dio, caro Marcello, se ci fosse si starebbe vergognando dell’ingiusto e non avrebbe la forza di guardare negli occhi le mamme delle due bimbe. Se io fossi Dio mi vergognerei della mia impotenza.  

mercoledì 21 aprile 2010

LA FORMICA ROSSA - Renata Polverini e le origini dimenticate

Teresa Faticoni

Se questa è l’alba di un’altra stagione di abbandono e oblio, cominciamo ad aver paura. Non parte con il piede giusto la Polverini, ex segretaria della Ugl e ora presidente della Regione Lazio. Diserta l’incontro Bristol quando un presidente che si rispetti doveva incatenarsi davanti ai cancelli di via del Murillo per dire «Io sto con voi». E invece l’abbiamo vista a cavalcioni delle cancellate dell’Olimpico a tifare Lazio. Bruttissima figura per Renata. Una volta che uno assurge al soglio della Pisana dimentica Un prodromo cattivo di un pessimo futuro.

LATINA - Vergogna Bristol

Teresa Faticoni

Una mobilitazione senza precedenti, ma la Bristol decide di dire di no. Ieri presso il ministero dello sviluppo economico sembrava dovesse essere il giorno ics per capire quale sarà il futuro del sito di via del Murillo a Sermoneta Scalo dopo la vendita a Corden Pharma. E invece la multinazionale americana ha comunicato al funzionario del ministero Giampietro Castano che avendo in piedi una procedura di cessione di ramo d’azienda non aveva intenzione di aprire un tavolo di confronto per altro. Un’atmosfera cupa a quel punto è scesa su Roma, sulla vertenza e sull’economia pontina. Un nulla di fatto cui hanno assistito il sindaco di Sermoneta Giuseppina Giovannoli, l’assessore alle attività produttive della provincia Silvio D’Arco, il capo di gabinetto della Prefettura di Latina Andrea Polichetti. Per le parti sociali c’erano Roberto Cecere, segretario della Femca Cisl con il segretario nazionale della categoria, Dario D’Arcangelis della Filctem Cgil, Luigi Cavallo della Uilcem Uil, Armando Valiani della Ugl chimici. Assente ingiustificata Renata Polverini: la neopresidente della Regione Lazio, seppur invitata, ha scelto di non inviare nemmeno un suo rappresentante. Sul tavolo degli imputati ieri c’era solo la Bristol. «L’azienda si nasconde dietro una procedura formale ed elude il confronto sindacale», tuona Cecere. Non si capisce davvero perché una multinazionale che ha fatto la storia di questo territorio decida a un certo punto di chiudere tutte le porte. Nonostante anni di relazioni industriali e sindacali avanzatissime. «Bristol sta barando perché ha disertato tutti i tavoli istituzionali alla faccia delle istituzioni di questo paese». La società, infatti, sebbene abbia venduto lo stabilimento pontino, mantiene quelli di Roma e Anagni. «La Bristol non abbandona l’Italia - gli fa eco Valiani - quindi deve applicare il principio di responsabilità sociale sul sito di Sermoneta». Perché aprire una frattura così importante? Lo stesso Castano si sarebbe lasciato sfuggire anche un passaggio sulla dirigenza attuale («la peggiore mai avuta in questo territorio» dice amaro Cecere), che dovrebbe frequentare qualche corso di formazione per la gestione delle situazioni di crisi. La Bristol, infatti, eluendo un confronto aperto lascia troppi interrogativi che ieri sono stati enucleati di nuovo nell’assemblea sindacale che al ritorno da Roma i rappresentanti dei lavoratori hanno tenuto in via del Murillo. Una riunione in cui è stato difficile spiegare le troppe assenze e i troppi silenzi che si registrano in questa vertenza. «Siamo comunque soddisfatti dell’apertura delle istituzioni che chiedono con forza un piano industriale», prova a essere ottimista Valiani. Il riferimento è alla riunione che lo stesso ministero ha convocato per la prossima settimana, il 29 aprile, quando al tavolo di confronto dovranno sedersi sia la cedente Bristol sia la cessionaria Corden Pharma. Intanto è confermato lo sciopero di questa mattina quando in Confindustria i sindacalisti torneranno a chiedere chiarezza sul futuro occupazionale degli oltre 800 dipendenti e sul mantenimento del sito produttivo. «Unica cosa positiva - conclude Cecere - è che ancora non siamo in un vicolo cieco». Ci sono due date di discussione, ma la tensione comincia a essere molto alta in vie del Murillo. e domani i lavoratori metteranno a ferro e fuoco via Montesanto. Perché il futuro passa di qui.

L'ARCINORMALE - Il Commissario e Bolivar



Lidano Grassucci 
Mi permetto di mandarle questa mia, signor commissario, per via del fatto che io, come tanti altri cittadini di questa città, vorremmo approfittare del suo lavoro per rendere questa città normale. Normale, una città italiana del 2010.
Sono figlio di generazioni utopiche, ho sognato un mondo di giustizia e libertà, e mi ritrovo con la mediocrità  del presente.
Vorrei suggerirle di chiudere con le nostalgie che dal ’93 sono il cancro di questa città che, grazie a Dio (per me laico agli uomini che ci hanno vissuto), si chiama solo Latina, senza già.
Già questo farebbe me e migliaia di cittadini italiani normali.
Poi smonti quel mostro che è  stato creato da Tana sotto il governo Finestra e poi continuato da Zaccheo: chiuda l’Intermodale, lasci stare fantastiche metropolitane, non entri in politiche portuali, e chiuda per sempre anche l’eredità democristiana delle terme.
Sulla Latina Ambiente chiami l’Ama, i privati, ma non lasci che il Comune si impicci di cose che non sa fare.
Cancelli queste macchine che sono figlie di un passato che, spero, lei ci farà dimenticare.
Poi, per favore, spieghi ai dirigenti del Comune che sono al “servizio” dei cittadini, che siamo in un Paese liberale, dove c’è la libera iniziativa ed è finito il tempo dello stato dirigista che con licenze e costrizioni ci faceva sudditi e non cittadini.
Renda questa città normale, il 25 aprile affigga un bel manifesto che ricordi la libertà e non la festa del Santo Patrono.
Lasci stare le metropolitane ed acquisti qualche autobus in piu’, lasci stare il porto e renda decoroso, pulendolo, il lungomare.
Tagli l’erba signor commissario, abolisca cerimonie tipo posa della prima pietra o del secondo sercio. Non pensi ai grandi eventi ma al vivere quotidiano della nostra gente. Non perda tempo dietro gli amministratori romani, ma valorizzi (se può) l’intelligenza che qui abbonda. Renda gli onori ad Antonio Pennacchi che scrive un libro finalista allo Strega e che parla di questa gente che Latina continua a costruirla tutti i giorni.
Se può liberi il centro ucciso dalle strisce blu, ci liberi dall’angoscia di non poterci neanche fermare.
Non acquisti piu’ immobili, il Comune non è la filiale della Pirelli Re, della Gabetti.
Lei ha un dovere: renderci italiani normali, lei ci deve svegliare dal sonno di 18 anni, dalla tristezza del tempo al’indietro.
Lei dovrebbe fare quello che qui noi non siamo stati capaci di fare: portare il senso dello Stato, della cosa pubblica.
Se farà questo le intitoleremo una piazza come quella che sta nelle piazze del Sudamerica dove sotto l’effige di Simon Bolivar c’è scritto “liberador”.

Formia - Le istanze di Santa Croce



Raffaele Vallefuoco  
Attenzione e nuovi interventi. Lo chiede da mesi a gran voce il Comitato Santa Croce, sodalizio che nasce dalle ceneri dell'ormai estinta circoscrizione e che oggi accoglie centinaia di aderenti. Almeno tre i punti sui quali si battono. Ma andiamo per ordine. La prima situazione è legata all'attraversamento stradale sul Rio Santa Croce che insiste sulla via nazionale Appia. «Stiamo parlando di un passaggio pericoloso - ci spiega Antonio Morlando, presidente del Comitato - perché è privo di marciapiedi e protezioni per i pedoni che percorrono questo tratto di strada. Qualche anno fa - incalza - prima che la circoscrizione fosse smantellata trasmettemmo a via Costa un odg attraverso il quale informavamo la Provincia circa la pericolosità di questo tratto viario. Ma da allora niente. L'ente ha avuto attenzione verso altri quartieri - ammette - ma finora per la nostra periferia ancora non è stato fatto niente». Ad affiancare il presidente del Comitato Santa Croce c'è Leonardo Saltarelli, membro del sodalizio, il quale ricostruisce, con lucida mente storica, i progetti che nell'80 erano stati predisposti per la zona. «Nel 1982 è stato realizzato il marciapiede lato monte. Si trattava della prima tranche dei lavori da realizzare. Ma con la caduta dell'amministrazione il progetto è andato in fumo». Oggi, però, chiedono un grigliato pedonale che corra parallelo alla strada, mettendo al sicuro i pedoni che passano sull’Appia. Una necessità, affermano. I residenti, infatti, vivono uno strano senso di disagio. «è come se il quartiere fosse diviso da un muro» ci spiegano i rappresentanti del Comitato. «Abbiamo un'intera comunità insofferente che non può raggiungere agevolmente la Chiesa di Santa Croce o il supermercato vicino casa». Una barriera invisibile che si chiama paura. Stessa situazione, poi, per l'altro versante di Santa Croce. Il raccordo stradale, che attraversa la zona per raggiungere Cassino, vive lo stesso deficit di sicurezza. Al di sotto del ponte ferroviario non esiste alcuna protezione per i numerosi passanti che transitano. Eppure un'intero quartiere attraversa quel fazzoletto di via. «Una situazione al limite e di vero abbandono - denunciano - anche le strisce pedonali sono sbiadite» ci fanno notare, mentre una donna anziana attraversa con difficoltà la strada. Quindi, l'ultimo problema che pongono all'attenzione delle istituzioni riguarda direttamente la viabilità veicolare. In particolare osservano che «l'ingresso della strada di servizio della nazionale Appia costituisce un motivo di grave preoccupazione. L'immissione sull'Appia delle auto è troppo pericoloso sia per lo scarso grado di visibilità che hanno gli automobilisti che per la velocità con la quale viene percorsa l'arteria. Servirebbe un divieto che prescriva di non utilizzare quel passaggio per immettersi sulla strada. Per garantire sicurezza al quartiere - spiegano in chiusura i due rappresentanti - serve la rotonda tanto invocata. Seppur ufficialmente non abbiamo ancora niente, la Provincia sembra aver recepito l'istanza» spiegano fiduciosi. 

martedì 20 aprile 2010

VENTOTENE - Le condizioni climatiche all’origine di una tragedia imprevedibile

Paolo Iannucelli
Una vacanza finita in tragedia. Ma questa volta – cosa rara in Italia – non esistono responsabilità, a Ventotene si fa riferimento a tragica fatalità, come accaduto recentemente in Alto Adige, nella sciagura ferroviaria in Val Venosta: una frana maledetta che precipita su un convoglio. Dante Taddia, geologo di fama nazionale, grande conoscitore delle isole di Ponza e Ventotene, interviene  con la solita preparazione su un caso doloroso e tragico che ha sconvolto il paese. «Il tufo  - afferma  Taddia - è un materiale consistente, in quella zona di Ventotene non si era mai parlato di allarme,  tutto è sempre filato liscio, senza problemi, a differenza di Ponza con la famosa spiaggia di Chiaia di Luna, davvero pericolosa. L’inverno molto piovoso è sicuramente una componente da prendere in considerazione riguardo la tragedia di Ventotene, si è passato improvvisamente da un periodo di lunghe infiltrazioni d’acqua in materiale permeabile, al caldo e al sole  battente di questi ultimi giorni. Lo sfaldamento ha provocato una frana che nessuno poteva ipotizzare, l’evaporazione dell’acqua è sta determinante in questa triste vicenda, altre cose dette ieri sono superflue, la morte di due giovani non deve diventare oggetto di polemiche e divisioni». Parola di esperto. Dante Taddia, sposato con Luisa Guarino, ponzese doc, conosce a menadito sia la situazione geologica di Ponza che quella di Ventotene. Le isole Ponziane rappresentano una grossa risorsa per il turismo nella nostra regione, vanno salvaguardate con iniziative di ogni tipo , senza però alzare il dito ed accusare qualcuno quando non esiste alcun tipo di responsabilità. Geppino Assenso, sindaco di Ventoitene, eletto a larga maggioranza, ama l’isola come la sua famiglia, Ventotene è un modello di efficienza noto a tutti, con la salvaguardia dell’ambiente come obiettivo primario. Quanto accaduto – una tragica fatalità – non deve assolutamente compromettere la stagione turistica alle porte.

Il racconto della tragedia di Ventotene

Francesco Furlan
«Non ci siamo accorti di niente, solo un grande fragore e poi la roccia ci è piombata addosso. Ma dove sono gli altri, come stanno...» ripete in continuazione  Riccardo Serenella, 14 anni, che se l’è cavata con una distorsione alla caviglia. «Ditemi che non è lei, non può essere». Così la madre di una delle due ragazzine morte ieri a Ventotene nel crollo di una parete rocciosa ha gridato il suo dolore quando ha saputo della tragedia. La donna si era recata a scuola per avere notizie. Urlando ha sbattuto i pugni sulla porta di vetro ferendosi. «Ho visto due enormi massi di tufo staccarsi all’improvviso dalla parete rocciosa, ho visto quei massi travolgere le ragazze», ha detto Matteo Valle, geologo e accompagnatore della Mediterranea Viaggi che stava con gli studenti sulla spiaggia di Cala Rossano. «Ho sentito mio figlio, era disperato, piangeva ininterrottamente», queste le parole di una mamma di un compagno di classe delle due vittime: «Era terrorizzato, mi ha raccontato di aver visto i suoi compagni buttarsi in acqua ed altri allontanarsi urlando. Era l’inferno, le professoresse hanno iniziato subito a scavare per liberare le due ragazzine, ma non c’è stato nulla da fare». Ha aggiunto la signora: «Ho appena saputo che una bambina è da poco entrata in sala operatoria per una frattura al femore mentre l’altro bimbo ferito ha riportato leggere escoriazioni. Una vicenda assurda - ha concluso tra le lacrime - della quale però non si può incolpare nessuno. Aspetto solo di riabbracciare mio figlio». Il sindaco giuseppe Assenso in serata ha proclamato tre giorni di lutto cittadino