mercoledì 30 settembre 2009

L’Italia che non vorrei



Lidano Grassucci





Sono così nero che posso andare con i rossi senza sporcarmi. Questo ho letto ieri sul fondo siglato G.C. di Latina Oggi. Così, il patto Molotov-Ribbentrop, solo che quelli si sono spartiti la Polonia questi quel che rimane della democrazia. D’Alema sarà pure figo, ma fa incontri imbarazzanti. Sarà pure poco fortunato ma avere in prima fila il senatore (povero Senato) Giuseppe Ciarrapico in un incontro di corrente è stato inquietante.
Quella presenza testimonia che è ormai il residuo di una politica falsa, tattica, da melassa di un passato inquietante. Un politologo americano, La Palombara, parlava del sistema politico italiano come modello consociativo. Dc e Pci erano agli antipodi ma il 90% dei provvedimenti legislativi passava con i voti favorevoli di entrambi. Insomma: pubblicamente erano avversari, dietro erano compari.
Quello era il marcio della prima repubblica, non le bombe carta dei giudici. E quel marcio, politico, è quello del capo dei comunisti che trova normale avere davanti uno che esalta il ventennio, che si dice “seguace” di un dittatore. Che anche ieri esaltava la dittatura attribuendola a uomini grandi. I dittatori sono infami, sono vermi da schiacciare come sosteneva e a ragione la signora Thatcher.
Vengo dalla sinistra, per ragioni sociali, per ragioni ideali, per ragioni generazionali. Abbiamo creduto che il marcio erano i dittatori e i compromessi. Ieri erano palesi queste cose, erano visibili.
D’Alema che è diventato presidente del consiglio presentando agli elettori Prodi, barando al gioco. Ciarrapico che è stato fascistissimamente al servizio di Andreotti. Questa è l’Italia paludosa, levantina, codarda che odiamo.
La sinistra non è questa cosa: è orgoglio di stare dalla parte degli ultimi, è rivoluzione.
Perché te la prendi tanto? Perché è la nazione che non vorrei, quella idea bara del vivere civile espressioni di uomini che si sentono giganti e sono nani, mostruosamente nani. Uomini del particolare. E’ facile essere fascista a parole e stare all’ombra di Andreotti, e in piazza ci andavano giovani che la pelle se la giocavano sul serio. E’ facile essere comunista senza aver mai solcato il cancello di una fabbrica, essere comunista con la barca a vela.
Ero tra quei giovani che negli anni ’70 hanno creduto in una Italia nuova, in una Italia che risorgeva giusta dalle ceneri della Resistenza. Spesso nei convegni mi incontro con i miei coetanei di Destra, con Michele Merlino, ci ritroviamo non perché rinunciatari o negatori delle nostre storie ma perché legati dalle nostre generosità.
Ecco, ieri in quella sala al teatro ho visto l’Italia codina, serva e pusillanime che ho combattuto e che combatto.
Due povertà in un convegno solo. Che tristezza.

martedì 29 settembre 2009

Quell'immagine che fa senso

Lidano Grassucci
«Ma che aglimaro è?» (trad. «ma che razza di bestia è?»). Così avrebbero detto nel mondo da cui provengo innanzi allo spettacolo di uno che si dice iperfascista e che senza vergognarsi, ammira il duce degli italiani che si siede in prima fila non di una manifestazione privata che può essere giustificata dall’amicizia o da umani sentimenti ma è una manifestazione pubblica dove la presenza è affermazione è sinonimo di comunanza e di partecipazione.
L’iperfascista seduto in prima fila a una manifestazione del Partito democratico con D’Alema era offensiva per il partito che organizzava la manifestazione inconsapevolmente per chi si era seduto nel posto sbagliato. È vero che nei partiti i valori non esistono più ma sicuramente quelli della corrente di Bersani e dello stesso D’Alema non hanno fatto certamente una bella figura ad avere un ospite che pensa senza mezzi termini che i comunisti mangiano i bambini e nel triangolo rosso è la cattiveria comunista che ha ucciso inermi eroi italiani e non un episodio tragico di una guerra tragica voluta dall’egemonia del dittatore che fa arrivare i treni in orari ma distrusse il paese. È vergognoso un partito che rinnega la propria dignità e ospita chi ne offende la storia, la militanza, e il sentimento profondo dei suoi uomini era lì in prima fila a testimoniare il peggiore trasformismo italiano della classe dirigente che è stata fascista poi si mimetizzata dell’antifascismo di facciata ed è diventata democristiana per opportunità. È rimasto piccolo borghese e servile a chiunque comandi. Ciarrapico è stato balilla moschettiere senza eroismi che poi sono diventate virtù a parole di coerenze non evidenziate in queste presenze. Poi è stato andreottiano coltivando e traendo giovamento dal potere che i democristiani esercitavano nella peggior specie di governo che è stato quello espresso da Giulio Andreotti. Per arruolarsi all’esercito dei sanfedisti di Berlusconi tenendo sempre nà scarpa a sinistra, perché non si sa mai. Ecco quella di ieri in prima fila è l’Italia che non vogliamo, l’Italia degli opportunisti, l’Italia dell’ipocrisia, l’Italia del particolare delle virtù millantate a parole che nascondono la doppia morale, pubbliche virtù, vizi privati. Il Partito democratico che si esprime attraverso D’Alema se ha questi amici non è il nuovo e il furto della politica italiana ma ne è la continuazione nella palude piccolo borghese del fascismo ipocrita e dell’andreottismo inutile. Ieri avremmo voluto un Ciarrapico dedicato ai nipoti e un D’Alema in grado di dire a chi denigra la storia del movimento italiano e la stessa democrazia che non c’era posto per lui, non c’è mai posto per chi dice di servire dittatori lì dove ci sono pippe. Evidentemente la cultura totalitaria di certo comunismo si trova a suo agio in certo trasformismo. Le immagini hanno un senso, e questa immagine fa senso.

Casapound: fascisti del terzo millennio

 Raffaele Vallefuoco  
Martedì 28 Settembre 2009

Che gli esponenti di Casapound fossero di estrema destra era cosa nota. Ma molti non sanno, forse proprio quelli che offrono il patrocinio alle loro manifestazioni ammantate di cultura, che i membri del sodalizio si professano fascisti e «ne andiamo fieri» afferma Enzo Savaresi, responsabile Casapound Latina, in un'intervista reperibile sul sito internet dell'associazione. Ma non solo perché spiegano dal gruppo: «Noi non ci riconosciamo nei valori antifascisti perchè in sessant'anni hanno fatto un centinaio di morti, una vera e propria repressione ideologica. Tutto ciò si va a incocciare con i valori democratici di cui si fanno portatori gli antifascisti». Ora, a meno che wikipedia scriva fregnacce queste affermazioni configurerebbero quello che dovrebbe chiamarsi apologia del fascismo. Infatti recita l'enciclopedia libera: «L'apologia del fascismo è un reato previsto dalla legge 20 giugno 1952, n. 645 (contenente "Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione"), anche detta "legge Scelba", che all'art. 4 sancisce il reato commesso da chiunque «fa propaganda per la costituzione di un'associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità» di riorganizzazione del disciolto partito fascista, oppure da chiunque «pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche». Nulla da dire sulle attività messe in campo da questo gruppo, ma ne uscirebbero valorizzate se fossero svestite da questo panno impregnato di fascismo. Hanno avuto la fortuna di non vivere quel tempo di intimidazioni e libertà private, ma non lo capiscono. Il loro neutro attivismo potrebbe stravolgere l'apatia dei coetanei e convergere con la verve di altri gruppi giovanili, per imporsi su una generazione, quella adulta, che pensa solo a conservare spicchi di potere e non al futuro  giovanile. 

FN: no a clima di violenza a Formia

 Raffaele Vallefuoco
Martedì 29 Settembre 2009

Un pestaggio organizzato. E' questa la denuncia politica, prima che penale, formalizzata da Forza Nuova, coordinamento provinciale, che lamenta un'aggressione a tre esponenti di Casapound occorsa venerdi sera a Formia, a margine del tributo organizzato in onore a Lucio Battisti. I fatti si sarebbero determinati nei pressi di piazza Vittoria. In particolare i tre giovani, scendendo le gradinate che da Piazza Santa Teresa conducono su via Vitruvio, sono stati individuati da un gruppo di ultras di sinistra. L'avvicinamento è stato inevitabile. Dopo qualche offesa, però, i due gruppi si sono separati e in particolare gli esponenti di Casapound sono tornati nell'officina culturale, che ospitava il tributo, riportando l'accaduto. Nel tornare in Piazza, quindi, i due gruppi si sono nuovamente incontrati a metà strada, proprio sulle gradinate prospicienti Piazza Vittoria. Dalle parole ai fatti, quindi, è stata questione di istanti. Dal canto suo il coordinamento provinciale di Forza Nuova denuncia l'accanimento contro i giovani di Casapound e  spiegano, «sono stati proditoriamente aggrediti».  I tre, uno dei quali minorenni, «dopo aver assistito ad una serata musicale, organizzata con molto cura nella sala multimediale comunale» dal delegato alle politiche giovanili Stefano Zangrillo «sono stati oggetto di un vero e proprio pestaggio organizzato da giovani di opposte tendenze politiche. Il giorno dopo, sabato, come se nulla fosse avvenuto, la piazza è stata concessa per un concerto organizzato dai centri sociali del sud pontino. Il coordinamento provinciale pontino di Forza Nuova stigmatizza   tale tipo di lotta politica e non accetta la regola di "due pesi e due misure"» spiegano i militanti, che hanno un loro metro di giudizio se dimenticano la loro richiesta avanzata di non autorizzare la serata del Golfo antifascista, apotrofondola come un rave party, covo di black block. «La piazza - continuano da Forza Nuova - deve essere sempre teatro di attività politica e non di violenza, anche se ci rendiamo conto che è necessario anche avere argomenti validi per poter fare tale attività. Ed in questo momento - analizzano criticamente - sia a destra che a sinistra c'è davvero poco di costruttivo che viene messo in campo. Non accettiamo, quindi, che si mettano in piazza gratuiti e vigliacchi atti di violenza, sempre condannabili da qualsiasi parte vengano. Noi ribadiamo, invece, il nostro impegno nel sociale, nel seguire i giovani con i loro problemi, nella lotta contro le droghe, nell'impegnarci anche nel culturale. E questo sarà sempre il programma che accomunerà Forza Nuova e i giovani di Casa Pound nella nostra provincia. Infine, Il coordinamento provinciale di Latina di Forza Nuova si stringe con affetto al succitato giovane e valente Stefano Zangrillo, colpito dall'improvvisa perdita del padre», cordoglio al quale si unisce anche la redazione de Il Nuovo Territorio.  

lunedì 28 settembre 2009

Shopping global center, arrivano le retribuzioni

Teresa Faticoni
Lo hanno aspettato sotto il palazzo comunale, fino a che il sindaco di Latina non si è reso disponibile a incontrare una delegazione di lavoratori della Shopping global center. Ieri è andata in scena l’ennesima manifestazione di protesta dei 65 ex Dublo assunti un anno e mezzo fa dalla società che vuole realizzare alle porte di Latina su via Epitaffio un grande centro di servizi e divertimenti. «Solo per la parte più debole della vicenda (i lavoratori) non è cambiato nulla - scriveva Carlo Curzola, segretario della Uilta Uilo, nell’annunciare il sit in e spiegarne le motivazioni -. Da otto anni, nonostante promesse su promesse, impegni sottoscritti e, fino ad oggi, non mantenuti, continuano a dover far fronte alle necessità delle loro famiglie con un massimo, quando viene loro corrisposto, di circa 700 euro. Nonostante, ancora oggi, si continua a parlare e discutere di progetti faraonici di milioni e milioni di euro». Poi ieri la tenacia ha in qualche modo premiato questi lavoratori. Perchè verso l’ora di pranzo Zaccheo ha ricevuto la delegazione, guidata dallo stesso Curzola e da Dovilia Pozzato, della Filtea Cgil e parte in causa essendo tra i 65. Il sindaco non ha esitato, accompagnato dall’assessore alle attività produttive Alessandro Calvi, e ha spiegato che la delibera della commissione creata ad hoc per il bando di concessione delle varianti di destinazione d’uso non è completa. Mancano - e nei prossimi giorni saranno forse aggiunte - alcune integrazioni e atti tecnici che non erano stati presi in considerazione. Ma la commissione non doveva essere tecnica? Perchè commette superficialità simili quando non sono errori veri e propri? Ma il sit in voleva anche raggiungere lo scopo di portare il caso Shopping global center, i ritardi che la società sta letteralmente subendo e con essa i suoi dipendenti, all’attenzione del consiglio comunale. Cosa che era prevista per ieri e per oggi e puntualmente non è avvenuta. Zaccheo ha garantito che entro ottobre la massima assise cittadina si occuperà della vertenza. Ma un’altra - forse l’unica vera - buona notizia della giornata riguarda le retribuzioni che i dipendenti stanno aspettando e che sono ferme al mese di gennaio. Il primo cittadino ha chiamato il direttore dell’Inps di Latina e ha concertato che oggi sarà disposto il mandato di pagamento delle spettanze per la cassa integrazione a favore della società (che non aveva disponibilità per l’anticipazione) che in questo modo potrà pagare i suoi dipendenti. Resta, in ogni caso, l’amarezza per il cambio della motivazione del ricorso agli ammortizzatori sociali: da ristrutturazione aziendale a crisi. «è un fallimento sotto ogni punto di vista», dicevano in coro Curzola e Pozzato ieri mattina. Il futuro, adesso, passa nelle stanze del potere e nei gangli burocratici. Zaccheo si faccia garante.

domenica 27 settembre 2009

Roby Tour, da Parigi a Lyon




Da Parigi a Lione. Tappa di trasferimento per quelli del Roby Tour verso la terza città più grande di Francia dopo Parigi e Marsiglia. Al mattino Parigi appare vuota. Passare sotto l’Arco di Trionfo in motocicletta non è più un impresa. Gli uffici sono tutti chiusi e il traffico è davvero ridotto tanto che il viaggio è veloce, sotto un sole caldo che fa sempre bene quando si viaggia su due ruote. Tre ragazze del gruppone iniziale lasciano il gruppo proprio nella capitale francese per motivi di lavoro e tornano in Italia in aereo. Ai centauri si aggiunge però Lorenzo Di Ciaccio, il figlio di ‘Prod’, che ha raggiunto i motociclisti a Parigi giusto in tempo per portare con loro a termine il tour. La strada che separa Parigi e Lione è tutta  fiancheggiata da castelli medioevali che rendono lo scenario epico. Quindi l’arrivo nella città di cui 500 ettari sono stati classificati dall’Unesco nel 1998 patrimonio mondiale dell'umanità: la più grande superficie al mondo ad avere questo privilegio e di cui i lionesi vanno comprensibilmente fieri. Attraversata dai fiumi Rodano e Saona, sono numerosissimi ponti e passerelle presenti su entrambi, Lione è un vero e proprio centro culturale e storico a cielo aperto per edifici civili, patrimonio religioso, musei e gallerie. E poi, strano a dirsi, le auto sono davvero poche. Moltissime invece le piste ciclabili con biciclette che si noleggiano in ogni angolo della città per 24 ore e al modico prezzo di un euro, presenti i tram, quattro linee di metropolitana,c’è anche una funicolare. Ben cinque le università con più di centomila studenti iscritti. Una città che si lascia vivere insomma. Molto curata in ogni aspetto a dispetto della grandezza e con un centro storico tipico delle città universitarie, ovvero giovane e dinamico. “A cosa serve l’auto in una città così?”, si chiedono in molti del Roby Tour, questa sera tutti a cena insieme in un locale del centro storico. L’automobile forse no, ma la moto sicuramente servirà domani. Tappa lunga, la penultima prima del ritorno a Gaeta: 460 chilometri da Lione a Nizza in Costa Azzurra. Si torna quindi verso il Mar Mediterraneo dopo aver passato l’Oceano Atlantico e il Mare del Nord. Partenza fissata come sempre per le otto di mattina. C’è da percorre tutta la valle del Rodano. Tappa intermedia a Grenoble, attraversata dai fiumi Isére e Drac, è città sede di uno dei grandi centri di studi superiori di Francia (oltre 60 mila studenti), soprattutto nell'ambito scientifico e dove si trova un importante polo di ricerca fisica comprendente lo European Synchrotron Radiation Facility, l'Institut Laue-Langevin e una delle sedi dello European Molecular Biology Laboratory. Infine si riparte verso uno dei passi storici del Tour de France. L’Italia si fa più vicina. Il Roby Tour non smette di far sognare.

sabato 26 settembre 2009

TERRACINA - La sparata su Acqualatina di Nardi? Una resa dei conti interna al centrodestra

Sergio Arienzo
Cosa c’è dietro la guerra dell’acqua? Se lo chiedono i cittadini di Terracina rimasti stupiti dall’incredibile “sparata” del primo cittadino. Abituati a manifestazioni di intolleranza verso consiglieri, dipendenti comunali o delle cooperative sociali, questo allargamento del raggio di azione lascia sconcertati. C’è amore per la giustizia o per un ritorno al concetto di proprietà “popolare” dei beni naturali? Queste domande se le sono poste i più sprovveduti, i romantici di una politica che forse non c’è mai stata nel nostro territorio, la realtà sembra essere esclusivamente legata ad un “avvertimento” alla politica del senatore Fazzone. Nardi, nel bene o nel male, è legato ad un partito come Alleanza Nazionale che sta vivendo un tentativo di ridimensionamento a livello provinciale a causa della politica egemonica del senatore e questa uscita sull’acqualatina, tanto cara proprio a Fazzone, vuol far capire che gli uomini di AN non si faranno fagocitare facilmente. Essere il sindaco di una delle città più popolose della provincia ( anche se a livello provinciale riesce solo ad esprimere un consigliere di opposizione) deve aver dato a Nardi la forza di erigersi a capofila di una ribellione alle imposizioni dei forzisti. La risposta di Fazzone non si è fatta attendere e si è basata su una pacata ma attenta analisi dei costi ai quali andrebbero incontro i comuni che decidessero di far sciogliere il contratto con acqualatina. Come non comprendere che l’argomento scelto è proprio quello più “crudele” nei riguardi di un sindaco che amministra una città sull’orlo del dissesto finanziario? Ma dove vai se non hai un euro, sembra gridargli il senatore, lascia stare e occupati dei tuoi guai che è meglio. Ma in questi ultimi tempi a volte la fantasia ha superato la realtà e allora perché non cedere alla fantapolitica e elaborare una teoria diversa da quella della guerra interna alla PDL? Tra pochi giorni il consiglio dei ministri dovrà decidersi sulla questione scioglimento dell’amministrazione di Fondi, le pressioni sono arrivate ai massimi livelli e l’ipotesi di una decisione favorevole non è poi così pellegrina. Da molto tempo negli ambienti politici di Terracina si pensa che, se si sciogliesse Fondi, sarebbe inevitabile che tutte le inchieste su Terracina prendessero una strada simile. Chissà se nella testa di Nardi, questa uscita nazional popolare, non faccia parte di una strategia di riavvicinamento alle istanze civili, sintomo di un’amministrazione ben diversa da quella che si voleva dipingere? Un pochino meno fanta e più politica, è l’ipotesi di questa ribellione solo per un rafforzamento di quel diktat che voleva Nardi “ rinunciare” ad una candidatura regionale in cambio di un posto da manager nella sanità. E se molti comuni rispondessero all’appello con un bel SI? Dalla fantapolitica si passerebbe alla fantascienza

Sovrano è il Popolo, non la virtù


Lidano Grassucci


Dove risiede la sovranità? E’ un mandato divino che un Essere Supremo concede a pochi, i virtuosi, che possono esercitarla verso gli altri. In soldoni: Di Pietro è puro e può dire ai fondani, da soli non potete decidere perché vi fate male, decido io per voi. In nome di che? Della virtù che il Signore gli ha concesso. Il popolo è bambino, va tutelato. E così i Saviano ci tutelano, i comitati antimafia ci tutelano, le associazioni Caponnetto ci tutelano.
Il popolo si ostina con questa “sovranità popolare”, questa cosa volgare di sentirsi in grado di scegliere al meglio per sé.
Ecco a Fondi è in discussione questo: il Popolo può autodeterminarsi perché è sovrano, o deve essere “tutelato” per il suo bene?
Insomma è meglio che decidano per lui i virtuosi o che si faccia male?
Sono un estremista democratico e la mia posizione è  spiegata in una frase che era scritta sui muri di Roma durante la guerra, la città era contesa tra tedeschi e alleati e un anonimo scrisse: “lasciatece morì soli”.
In quella scritta c’è l’essenza della democrazia, della libertà, sono i dittatori che richiamano per giustificare il loro potere le virtù e il “bene superiore”.
L’antimafia è usato, da taluni, come si usavano le “virtù italiche”, le “guerre sante”.
C’è, nella questione di Fondi, tanta voglia di “redimere” gli infedeli. Di salvare dell'errore l’errante. C’è tanta spocchia etica. C’è tanto indisponibilità verso la democrazia, verso il demos. Il demos, il popolo, è canaglia è massa da plasmare.
E si vogliono governare da soli? Guarda che vi fate la bua, la strega cattiva vi frega, l’orco vi mangia.
E’ una visione facile del mondo a cui non mi posso unire.
In democrazia si vince per conta, forse la conta che vince non mi favorisce, ma non posso negare per questo il principio.
A Fondi non sono meno o più mafiosi che in altri posti. Ma il problema sono i virtuosi e Di Pietro lo ha detto: “sono mafiosi a Fondi, ed è mafioso anche il parlamento perché ha fatto una scelta che lui non condivide”. Ergo? Chi non sta con lui è mafioso.
Beh, se debbo stare con il neototalitarismo di Di Pietro, meglio che mi consideri mafioso.


Le illusioni


Lidano Grassucci



Chi se lo ricorda l’aeroporto? Era di moda alle comunali, tutti erano diventati “volanti”.
Tutti volevano volare. Il futuro era in cielo. Quanta ingenuità, l’Italia è il paese con più aeroporti civili e con il peggior sistema aeroportuale. Non ho mai capito chi era quel folle che faceva il biglietto da Dallas a Latina. Non ho mai capito cosa mai dovessimo caricare sui cargo per portarli in fretta nel mondo. Facciamo medicine che scadono entro 15 anni, e la fretta non è cosa loro, facciamo (o facevamo) mozzarelle che a caricarle sull’aereo costerebbero di trasporto almeno tre volte il loro prezzo. A Vicenza lavorano l’oro, vale molto di più delle mozzarelle, ma non usano gli aerei per i trasporti. Volevamo l’aeroporto quando il treno, con l’alta velocità, sta cambiando il modo di muoversi a medio raggio. Quando “spariranno” tratte fino ad ora remunerative per le compagnie (la Milano-Roma) e anche i grandi aeroporti avranno spazi liberi.
Ma che vuoi fare, qui ci innamoriamo. Ci innamorammo della logistica e il comune di Latina si fece “trasportatore”, e sapete come è andata e non voglio infierire sulla Croce Rossa, sarebbe vile, che è la società logistica merci. In Italia nessun aeroporto, tranne Orio al Serio, è una risorsa economica per le comunità in cui insiste. Stiamo discutendo se ha senso avere due grandi aeroporti Malpensa e Fiumicino e noi volevamo fare un aeroportino, ino ino a Latina.
Le classi dirigenti, i manager, gli imprenditori si misurano sulla capacità di intuire il futuro, di vedere oltre il loro naso. Non ripetono il già visto e non attendono miracoli.
L’aeroporto è la cartina al tornasole della politica delle illusioni. Siamo illusi.
Per anni ho chiesto ai fautori dell’aeroporto qualche straccio di piano industriale, qualche modello aeroportuale italiano in provincia positivo. Non ho mai avuto risposte.
Dai tempi di Tana chiedo ma che è sto intermodale? Ho sentito parole in inglese, qualche botta de latino, ma passo di lì tutti i giorni e treni non ne vedo. Ma sono cieco io. Dai tempi di Tana chiedo umilmente strategie e ricavi (anche ipotetici) delle idee che ci ha portato, non mi hanno mai risposto. E la banca di Latina è uno sportello del Credem, il parco tematico è rimasto fregnaccia come è nato, e la Slm passate e guardate il piazzale.


BASEBALL - A Nettuno Usa - Cuba. Una sfida per la storia

Paolo Iannuccelli

Oggi alle 15 il gran finale, di fronte Cuba e Stati Uniti, allo stadio Steno Borghese di Nettuno. Chi vince è campione del mondo di baseball. Una partitissima annunciata da tempo, come la finale olimpica di un anno fa a Pechino che vide la vittoria al fotofinish dei caraibici dopo gli extrainning. Saranno in ottomila ad assistere a uno spettacolo di altissimo livello, tra due scuole di lunga tradizione, una sfida che ha anche dei risvolti politici. Da qualche tempo c’è una piccola apertura del presidente Obama verso il regime di Castro, pur mantenendo in vigore l’embargo. L’attesa è enorme, con radio e televisioni collegate in diretta da decine di nazioni, Nettuno è al centro del mondo con la sua bellissima struttura rimessa a nuovo, tirata a lucido.  Comunque vada, sarà una festa di colori, di suoni, di tifoserie divise sugli spalti. Nettuno conosce il baseball dal 1944, in conseguenza dello sbarco degli Alleati nella seconda guerra mondiale, è da sempre la capitale di questo sport in Europa con tanti titoli in bacheca e una passione infinita. La competenza degli spettatori tirrenici è unica, sugli spalti anche un neofita diventa tifoso, comincia a intendersi di monte di lancio, strike e ball, di rubate o punti guadagnati sul lanciatore. Il baseball è uno sport con gli allenatori chiamati manager e le panchine interrate dog out, l’interbase è shortstop, il ricevitore un catcher. A Nettuno, durante le partite, si parla un misto colorito di inglese e dialetto nettunese, diventa uno slang davvero particolare e pittoresco, tutti esprimono un parere, diventano supertecnici. Il baseball arriva a Cuba direttamente dagli Stati Uniti, verso la metà del XIX secolo. La situazione storica e politica dell'Isola fece sì che la sua popolarità fosse immediata. Era uno sport che veniva dal paese che allora era il grande modello democratico, il mito dei giovani cubani dell'epoca che sognavano l'indipendenza dalla Spagna. Il baseball era il nuovo, era qualcosa di non spagnolo e oltretutto era uno sport “vistoso”: si usavano uniformi disegnate apposta per i giocatori, spesso aderenti, il che era inusuale per quei tempi. I campi da baseball divennero presto un punto di ritrovo dei ragazzi e delle ragazze cubani; poi diventarono teatri di una sorta di feste all'aperto, dove si gustavano bibite (ma anche rhum) e si ascoltavano orchestre che suonavano il “danzon”, il ballo nazionale cubano. Per questo il baseball è profondamente legato alle origini stesse della nazione. E' davvero uno sport nazionale. Quale differenza tra Usa e Cuba? Nella sostanza nessuna, dal momento che regole e campi sono identici. L'unica differenza reale è che il baseball Usa è altamente professionistico, mentre il cubano è totalmente dilettantistico. Ufficialmente un giocatore cubano è dipendente di qualche impresa e gioca nel tempo libero. In verità gli atleti della Nazionale giocano a baseball a tempo pieno ed è lo stato a pagarli. I migliori hanno qualche gratificazione economica, qualche privilegio: auto o una casa un po' al di sopra della media. E' il massimo cui hanno diritto le star. Per questo, sempre più spesso, molti giocatori lasciano Cuba con la speranza, che a volte diventa realtà, di guadagnare cifre favolose nelle major USA, o di arricchirsi comunque giocando in una delle Minor Leagues. Molti di domandano: perché il baseball non sfonda in Europa? Direi chi gli Europei rifiutano quello che non capiscono al primo impatto. Ma, al di là di questo al mondo due culture sportive: quella “beisbolera” e quella “futbolistica”. E sono fra di loro quasi incomunicabili. Il baseball non piace agli europei, ma anche i brasiliani, gli argentini e i cileni lo snobbano. E' un problema di mentalità profonda, una questione quasi genetica. I centro americani e anche gli statunitensi (nonostante i loro sforzi recenti) non saranno mai buoni calciatori. Un bambino brasiliano o italiano non avranno mai tanta confidenza con mazza e guantone. E' nel sangue. I due mondi resteranno sempre distanti. Un torneo internazionale di baseball dove non si incontrino Cuba e USA è come una Coppa Europa di calcio con finaliste Lussemburgo e San Marino. La rivalità è ancestrale e la gente ha sempre amato tantissimo queste sfide, alcune delle quali sono state davvero storiche. Il sogno è che, ora che stanno cadendo le frontiere fra professionismo e dilettantismo, si possa vedere un giorno una partita vera fra una selezione cubana ed una delle Majors e vedere lì, sul diamante, chi è veramente il migliore. Oggi a Nettuno vedremo una partita dal pronostico incerto, sarà lo spettacolo il sicuro vincitore.

Influenza suina, il grande bluff del ministro Gelmini

Teresa Faticoni
“Oggetto: Raccomandazioni e indicazioni operative per la gestione dei casi di influenza pandemica da virus A/H1N1V”. Gira in questi giorni in tutti gli istituti superiori d’Italia, e anche in quelli di Latina, una circolare del Ministero dell’istruzione nella quale si consigliano una serie di comportamenti da tenere per evitare il contagio della influenza suina, presunta pandemia. Al punto uno delle misure igieniche consigliate agli studenti e a tutto il personale scolastico si legge: «Igiene delle mani: lavare regolarmente le mani con acqua e sapone, soprattutto dopo avere tossito, starnutito e avere soffiato il naso». Che pois arebbe regola di buona educazione, prima di tutto. Ma subito nascono i problemi. Perchè, in base alle denunce di alcuni ragazzi, nelle scuole di latina, ma pare che la situazione sia generalizzata, non c’è sapone, nè carta nè altro materiale simile. Il tutto si spiega con il mancato accredito, per l’anno scolastico 2009-2010 dei soldi per il “funzionamento amministrativo - didattico”. Non si tratta di stanziamenti tout court, perchè a seconda della dimensione della scuola e del numero degli studenti c’era a disposizione un budget per comprare carta igienica, materiale per la pulizia degli istituti, registri e quanto altro può servire al civile andamento di una comunità. Ora le scuola si sono attrezzate chiedendo contributi suppletivi ai genitori o facendo econonomia su qualche altro capitolo di spesa. I bilanci devono quadrare in qualche modo. Oltre alla nota stonata del mancato stanziamento, c’è anche una sgradevole sorpresa. Perchè per le scuole cattoliche il governo - chiaro segnale della tendenza - ha stanziato quasi 130 milioni di euro. La conseguenza diretta di tutto ciò è che alcune scuole non possono evidentemente comprare sapone e carta per asciugarsi le mani, figuriamoci il famoso prodotto igienizzante che va tanto di moda in questo periodo. «Pulizia ordinaria, con i normali prodotti comunemente in uso, delle superfici e suppellettili che sono a contatto con le mani (banchi, sedie, lavagne, dispostivi elettronici utilizzati: video-proiettori, computer, ecc.). Effettuare la pulizia subito, nei casi in cui tali superfici si presentino visibilmente sporche», continua la circolare. E anche qui saremmo alla routine. Ma con quali soldi si comprano i detergenti? Il primo anno scolastico dell’epoca Gelmini sembra quello dell’immediato dopoguerra. Aule affollatissime, professori pochi e insoddisfatti, mancanza anche dell’ordinario. Poi ci si mette anche l’influenza suina a fare da evidenziatore alle mancanze e alle carenze che lo stesso ministro è riuscita a creare in pochi mesi di mandato. Un killer esecutore con un mandato a uccidere. Perchè tra tagli e falcidie la scuola pubblica sta morendo. E dire che sarebbe anche anticostituzionaleò. Il diritto alla salute e all’istruzione erano ben chiari nelle menti e negli scritti dei padri costituenti.

venerdì 25 settembre 2009

SABAUDIA - Torna la raccolta funghi nel Parco nazionale

Antonio Picano
Una splendida notizia per gli amanti del genere. Torna la raccolta dei funghi a Sabaudia, nonostante il divieto per le aree protette entrato in vigore con l’introduzione delle disposizioni contenute nel Decreto del Presidente della Repubblica datato 2005. Tra le regole introdotte dal provvedimento presidenziale esiste, infatti, la possibilità da parte del Consiglio Direttivo del Parco Nazionale del Circeo di stabilire eventuali deroghe, mediante l’emanazione di apposito regolamento. Occasione che l’esecutivo dell’Ente di via Carlo Alberto, presieduto da Gaetano Benedetto ha colto al volo decidendo nella riunione dello scorso 11 settembre di riapprovare sia il regolamento già deliberato lo scorso anno, ma bloccato dal Ministero dell’Ambiente per questioni formali, sia un disciplinare provvisorio relativo alla stagione 2009, per venire incontro ai desideri e alle istanze dei tanti amanti di un’attività divenuta ormai tradizione dell’autunno pontino. La principale novità di quest’anno consiste nel fatto che, in applicazione della legge quadro nazionale, la raccolta è limitata ai soli residenti delle località rientranti nella comunità del Parco, vale a dire Latina, Ponza, Sabaudia e San Felice Circeo. Alle quali, visto il rapporto storico con la foresta demaniale e la vicinanza territoriale, va aggiunta Pontinia che tuttavia, nell’ottica di attenuare l’impatto antropico, potrà beneficiare di un massimo di 100 permessi. A partire da lunedì 28 settembre, via quindi al rilascio dei permessi da richiedersi presso gli uffici del Corpo Forestale dello Stato a Sabaudia (Museo del Centro Visitatori, Via Carlo Alberto 107), Porta del Parco di Sabaudia (Piazza del Comune), Porta del Parco di San Felice Circeo (Piazza L. Lanzuisi), Borgo di Fogliano e Cerasella (nella foresta demaniale), unico sito, quest’ultimo, cui potranno rivolgersi per la concessione delle autorizzazioni gli abitanti di Pontinia. Orario di massima: dal lunedì al venerdì dalle ore 09,00 alle 13,00. Per Zannone invece (per i soli residenti a Ponza) i permessi verranno rilasciati presso la Comunità Isolana dell’Arcipelago. La raccolta inizierà mercoledì 30 settembre, e potrà avvenire nei soli giorni di mercoledì, sabato e domenica, dalle ore 06.30 alle ore 12.00. E’ vietato l’uso di rastrelli o altri mezzi simili, mentre ogni persona è autorizzata a raccogliere al massimo un chilogrammi di funghi. Per l’attività di raccolta nella sola Foresta Demaniale è necessario un versamento di 50 euro, quali diritti demaniali, con un bollettino sul c.c.p. n. 217042 intestato a Tesoreria Provinciale dello Stato di Latina, causale: “MIPAF Cap. 2475 Capo 17 Raccolta Funghi anno 2009 (precisare l’anno)”. Per ogni altra informazione è possibile contattare il Corpo Forestale dello Stato, UTB di Fogliano (Ufficio di Sabaudia), tel. 0773 511385. Buona ricerca a tutti, sperando nella clemenza atmosferica.

I chimici della Cisl volano alto

Teresa Faticoni 
Tira vento nuovo in casa Femca Cisl. Ieri mattina il consiglio generale ha eletto Roberto Cecere segretario generale in sostituzione di Luciano Tramannoni a sua volta eletto segretario nazionale nel comparto Chimico-Farmaceutico. Un avvicendamento che sa di fase nuova, di un nuovo ciclo che si apre e che darà una spinta decisiva per la categoria dei chimici della Cisl. Tramannoni ha salutato, non senza un po’ di emozione, il consiglio generale tracciando un bilancio dell’attività svolta nei circa nove anni di permanenza alla guida della Femca provinciale, evidenziando i momenti di crescita della federazione conseguiti con gli eccellenti risultati nelle elezioni rsu e nella crescita degli iscritti attestando la Femca come prima organizzazione della provincia. La categoria, infatti, conta circa 150 dirigenti sindacali tra delegati e componenti del direttivo provinciale, ha oltre 2000 iscritti, è oggi tra le organizzazioni sindacali più rappresentative del settore industria del territorio pontino. Ma al centro del dibattito ci sono, come spesso accade negli ultimi tempi, le crisi aziendali che hanno investito la nostra provincia negli ultimi tempi, ricordando che tutte le situazioni di difficoltà sono state risolte con accordi sindacali tutelando al meglio le condizioni dei lavoratori. Dallo scranno Tramannoni ha invitato i dirigenti sindacali presenti in sala a impegnarsi maggiormente in quanto questo territorio può dare ancora opportunità di sviluppo a chi vuole investire. Soltanto con l’impegno sindacale spronando le istituzioni locali ad attuare politiche al fine di attrarre investimenti per far crescere l’occupazione e l’economia della provincia. Poi è stato il momento di Roberto Cecere, che il sindacato deve proprio averlo nel dna. Si è laureato in giurisprudenza all’università La Sapienza di Roma con una tesi sulla rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro, è avvocato proveniente dal settore energia Eni e da oltre venti anni dirigente sindacale. In questi anni si è principalmente occupato degli aspetti organizzativi ed amministrativi della Federazione, curando la parte negoziale e politica per il comparto energia e per alcune aziende medie e piccole. Nel suo intervento il Segretario Generale della Femca di Latina ha posto l'accento sulle emergenze occupazionali che oggi riguardano il nostro territorio. «Mentre in altri territori e comparti - ha affermato - già si parla di ripresa, da noi pare non possa percepirsi ancora il fondo della crisi. La  vicenda che più ci preoccupa come sindacato è l'evoluzione cui stiamo assistendo nel Comparto farmaceutico. Quest' ultimo, ha proseguito il neo Segretario, vede da un lato le multinazionali del farmaco alla ricerca di nuovi assetti organizzativi tagliano posti di lavoro nell’ Informazione Scientifica del Farmaco, vedi Pfizer-Wyeth-Abbott, dall'altro il passaggio di proprietà e attività a soggetti terzi ed il conseguente avvio  della terziarizzazione delle produzioni. Tali processi di riorganizzazione – ha proseguito Cecere – hanno fatto registrare negli ultimi mesi la perdita di centinaia di posti di lavoro a tempo indeterminato». Per porre rimedio a tale situazione ed al fine di accelerare l'uscita dal periodo di crisi che si sta attraversando, la Femca Cisl per voce del suo Segretario Generale, chiede ai manager delle multinazionali una maggiore apertura al dialogo ed un maggiore coinvolgimento dei lavoratori, attraverso le proprie rappresentanze, nelle decisioni strategiche che toccano la vita delle imprese e che riguardano, pertanto, il benessere di tutta la provincia. «Ci attendono ancora - ha concluso Cecere - alcuni mesi non facili; siamo però convinti che se ogni soggetto, attore dello scenario economico e produttivo del nostro territorio farà la sua parte potremo guardare al futuro con ottimismo». Presenti al Consiglio i massimi vertici dell'Organizzazione a partire dal Segretario Generale Nazionale della Femca  Sergio Gigli, il Segretario Regionale Ulderico Marzioni ed il Segretario dell'Ust-CISL di Latina Pasquale Verrengia.

Nel suo intervento Pasquale Verrengia ha dichiarato:”Nel corso del mio mandata abbia provveduto al rinnovamento dei segretari in tutti i comparti, con la Femca abbiamo completato il rinnovamento. Con questa squadra siamo convinti di aver dato il meglio per gestire la grave situazione occupazionale della provincia”.
Nel chiudere i lavori il Segretario Generale Nazionale della Femca ha sottolineato la dura stagione che si affronterà per il rinnovo dei principali contratti nazionali in scadenza a partire dal Chimico-Farmaceutico dove la Femca ha presentato per prima alla controparte la piattaforma per il rinnovo in linea con l’accordo sui nuovi modelli contrattuali.
E’ stato anche eletta la segreteria provinciale nelle persone di Luca Campagna dipendente Smiths Medical e Bruno Di Giacomo dipendente Bristol Myers Squibb.




Alla Uil un congresso agricolo "Internazionale"

Teresa Faticoni
“Stiamo lavorando per costruire il sindacato nuovo dei cittadini e dei lavori nel settore agroindustriale”. Questo lo slogan del congresso della Uila Uil che si apre oggi a Sabaudia. «E in questo sindacato nuovo - spiega il segretario provinciale Giorgio Carra - noi vogliamo, tra l’altro dare più spazio e più voce alle migliaia di lavoratori migranti che rappresentano una realtà importante nella nostra provincia e che, numerosi, guardano al nostro sindacato con fiducia». Il segretario generale della Uil Luigi Angeletti, insieme al segretario generale della Uila Stefano Mantegazza, parteciperanno oggi pomeriggio a partire dalle 16,30 alla conclusione del congresso delle leghe dei braccianti agricoli della provincia di Latina; una manifestazione che darà formalmente avvio alla fase congressuale della Uila (il congresso nazionale si svolgerà a Roma nel gennaio 2010) e che si concluderà con una grande festa animata da spettacoli folkroristici, musiche danze e buffet. Il tutto nella suggestiva location dell’Auditorium del centro visitatori del parco nazionale del Circeo via Carlo Alberto 107. Il congresso e la festa a seguire uniscono le due grandi battaglie che la Uil di Latina ha intrapreso negli ultimi tempi: da una parte il grande sostegno all’agricoltura, come vocazione prioritaria di questo territorio. Come partenza e come strumento per la crescita di un territorio che ha fatto dell’agricoltura il suo punto forte. Che va adeguatamente seguito dalle istituzioni, e la Uil non si è tirata indietro. E poi l’immigrazione: il sindacato, su forte spinta di Luigi Garullo, ha dato una accelerata con l’apertura di tanti sportelli per l’immigrazione sul territorio. Un dato su tutti: tra i lavoratori iscritti alla Uila, in particolare del settore agricolo circa 450 sono immigrati di varia nazionalità tra cui spicca la comunità indiana fortemente radicata nel triangolo compreso tra i comuni di Terracina, Pontinia e Sabaudia, dove, oltre alle consolidate sedi sindacali Uil nei tre comuni citati, la Uila ha aperto tre nuovi recapiti zonali facenti capo ai borghi dove più alta è la loro concentrazione (Grappa, Bella Farnia, Montenero) . Tra gli operatori / collaboratori che partecipano quotidianamente alla vita organizzativa della Uil e della Uila,  ne spiccano tre di nazionalità russa, indiana e tunisina e la Uila conta ormai su una decina di delegati stranieri (aziendali e di lega) che ogni giorno, si impegnano a favore dei lavoratori sia del settore agricolo che dell’industria. Con il congresso della Uil si coniugano le due realtà in una grande festa agricola. Ma in questi giorni l’attività congressuale della Uil di Latina e in tutta Italia è in pieno fermento. Questo primo Congresso di base - il Congresso delle leghe dei braccianti agricoli della provincia di Latina - apre un percorso molto importante e significativo sia per la Uila sia per l’intera Uil. La presenza contemporanea di Angeletti e Mantegazza, nonché del segretario generale della Uil di Latina Luigi Garullo, evidenzia l’attenzione dell’intera organizzazione verso l’esperienza sindacale pontina in particolare del settore agroalimentare. In provincia di Latina, a conclusione dei congressi di base, il 23 ottobre 2009, si svolgerà il 4° Congresso provinciale della Uila ed il 19 novembre 2009 quello della Uil confederale. La Uila di Latina, arriva a questo appuntamento con un numero di aderenti raddoppiati rispetto al precedente congresso del 2006. Da 1.074 iscritti nel 2006 (di cui 823 braccianti agricoli e 251 dell’industria alimentare) a 1.961 nel 2009 (di cui 1.418 braccianti agricoli e 543 lavoratori dell’industria alimentare). Per la Uila, nell’ambito della Uil, i congressi sono un’occasione importante  per riflettere sulle modalità con cui proseguire nell’impegno a favore dei lavoratori rappresentanti nella situazione economica e sociale specifica del settore, dell’azienda e del territorio. “Lavori in corso”, quindi, cioè un congresso come un cantiere o, se vogliamo, un campo aperto dove impegnarsi per preparare il terreno per i prossimi raccolti che, per la Uila e la Uil sono innanzi tutto le adesione dei lavoratori che, apprezzando il lavoro e l’impegno di tutta l’organizzazione in tutte le sue articolazioni, vi aderiscono e partecipano alla vita democratica anche in qualità di dirigenti sindacali, di delegati aziendali o di Lega comunale.

A conclusione del congresso, inizierà la festa che prevede nelle sue articolazioni momenti di dibattito, musica ed intrattenimento gastronomico, il tutto per rafforzare gli obiettivi di aggregazione ed integrazione tra i lavoratori italiani ed immigrati

Siamo tutti repubblicani


Lidano Grassucci



Franceschini sale sul palco a Fondi e dice: “siamo tutti fondani”. Sono conento, l’avevo usato come titolo qualche mese fa su queste colonne. Lo feci per convinzione, per coscienza, per vicinanza con quella gente che è la mia gente. Franceschini è il segretario nazionale del Pd e lo ha detto sostenendo la sua tesi politica, ma lo ha detto, anche così, convinto. Come ero e come sono io. La mia posizione e quella di Franceschini, su questo sono lontane anni luce, su altro vicine quanto il calzino con le scarpe, ma hanno una cosa comune. Il senso delle Repubblica, una cosa che a me viene dal filone azionista (quello di Ferruccio Parri, di Ernesto Rossi, di Riccardo Lombardi) confluito nel Psi, a Franceschini dal cattolicesimo democratico. Due di quei fiumi che hanno dato vita a questa Repubblica, che hanno nel sentire la cosa pubblica come cosa piu’ di propria, che hanno nel rispetto dell’avversario, nel sentire democratico la massima espressione. Una religione laica per la mia parte, una etica che viene da Dio nella città degli uomini per quelli come Franceschini.
Lui, il segretario del Pd, ritiene che la piovra sia dentro la rappresentanza civica di Fondi, io ritengo che sia un male che sta nei meandri di una società complessa a Fondi come altrove. Entrambi riteniamo che il fine siano i fondani, il loro diritto alla libertà, alla tutela del vivere civile.
Confronto tra liberi sulla prassi della libertà. Per questo “siamo tutti fondani” che poi è il saluto che Kennedy, presidente degli stati uniti, rivolse ai berlinesi assediati dal Patto di Varsavia. Un richiamo di fratellanza e libertà, anche se sulla prassi, sull’agire, sul fatto specifico siamo distanti. Fondi è fatta di brava gente, gente che lavora e questa è una verità incontrovertibile, il resto è aggetto di confronto, di scontro, anche aspro.
Franceschini sa dove sta il male, io credo di non saperlo o non lo vedo nello stesso posto dove lo vede lui, ma da… fondani.

L’impiccio del teatro



Lidano Grassucci



Ammetto, rappresento quel gruppo umano che si è sottratto all’agricoltura. Sono un esempio delle “braccia sottratte all’agricoltura”.
Quindi che io parli di cultura non è proprio il massima, ma la democrazia così è: parlano tutti, e quindi dico la mia.
Sul teatro comunale di Latina credo dobbiamo interrogarci tutti, perché quando si ha un teatro bisognerebbe avere una idea, una ipotesi di idea sulla funzione di un teatro.
Vogliamo un teatro che fa cassetta? Spettacoli popolari a basso costo. Obiettivo nobile per far nascere una “cultura del teatro” in provincia.
Vogliamo un teatro che produca spettacoli valorizzando giovani, che poi trovano spazi in altri teatri. Magari integrandosi con il mercato romano dove potremmo coprire nicchie espressive non “occupate”.
Vogliamo fare una palestra di attori, registi e via di seguito di questo posto?
Vogliamo creare un circuito teatrale magari ampiando la fondazione al teatro di Pontinia e d’estate all’anfiteatro di Sezze, a Minturno?
Tutte scelte, e tante altre, discutibili, ma possibili. Tutte con un comune denominatore quello di avere alle spalle scelte solide e una proprietà, il Comune, che trova una ragione per spendere soldi.
Oggi invece è una sorta di appalto a scatola chiusa. Si chiama il personaggio e tutto finisce nelle sue mani, fino alle dimissioni successive.
Barbareschi ha fatto il suo, poi ha lasciato.
Costanzo ha fatto il suo, poi ha lasciato.
Sono organizzatori di 10 eventi l’anno, altro non c’è. Ma altro non abbiamo chiesto. Il teatro è vuoto, come una Ferrari che teniamo in garage e, al massimo, chiamiano uno da Modena per farci fare un giro a corso della Repubblica, due sgasate, anche spettacolari, davanti a spettatori ammirati, poi fine.
Qui non ci sono meccanici, non ci sono tappezzieri, non ci sono ricambisti. Tutto arriva da Modena.
L’errore è di fondo, ci siamo trovati in dote (da Nino Corona) un teatro e non sappiamo cosa farci.
Come se a Milano non sapessero esattamente come occupare La Scala, la considerassero un fastidio marginale. Possiamo  affidare il teatro a chiunque sarà sempe lo stesso se non decidiomo che quel teatro è la risorsa di questa città, non un impiccio.

giovedì 24 settembre 2009

Tonino sindaco di Fondi


Lidano Grassucci



Basta. Mo’ basta. Sciogliete Fondi per favore. Scioglietelo così la camorra finirà per sempre. Così la mafia, siciliana, americana, giapponese verrà debellata una volta per sempre.
Facciamo di Fondi la madre di tutti gli scioglimenti, mettiamo sul pennone del comune una bandiera con scritto “qui la mafia non c’è più”. Poi scriviamo nei cartelli all’ingresso di Fondi, sotto la scritta del comune, la frase “città demafiatizzata” e tutto tornerà sereno.
Che ci vuole per battere la mafia? Basta scriverlo. Facile.
Facciamolo, ma subito. Per tutto questo, non possiamo mica fare i tirchi andare a mettere in mezzo questioni come la democrazia, l’autonomia dei comuni, la sovranità popolare.
Bazzecole.
Nominiamo poi, per sicurezza, Antonio Di Pietro a commissario della città e affidiamo il Mof alle cooperative antimafia, previa “nazionalizzazione” di tutte le attività del mercato. Ci siamo un po’ rotti di questa libertà del mercato, del liberismo sfrenato. Tutto al popolo dell’antimafia militante, tutto non lasciamo tentazioni in giro.
Subito un provvedimento esemplare, diventi Fondi la capitale delle virtù. Verifichiamo tutti i nati, o che hanno nonni, originari di Caserta, della Sicilia, dell’hinterland di Napoli e interniamoli.
Dichiariamo anche i fondani inabili al voto, per evitare ricadute.
Così chiudiamo co’ sta storia di Fondi e della mafia, si è stancato anche il mio gatto che non sa leggere e sta sotto antibiotici per via di una infezione che non gli passa.
Basta, facciamo di Fondi un simbolo.
E la democrazia? E’ fastidiosa come le zanzare, aboliamola come la proprietà privata.
Al resto pensa Tonino, che Dio lo abbia in gloria.

Caro Nardi sto con la Francia


Lidano Grassucci



Non amo i francesi, ma non voglio muover guerra ai cugini. Non amo i francesi, troppo spocchiosi, ma credo di dovergli chiedere scusa. Leggo, con sgomento, la nota del sindaco di Terracina Nardi che richiama una “battaglia di civiltà” contro i barbari. Per carità, lasci stare il sindaco Nardi questi giochi con civiltà e storia, qui è solo questione di banale buon senso e di mancanza del senso del comico. Una volta c’era un cabarettista che giocava sulla decisione della sua città di uscire dall’Unione europea. Ma era pe’ ride.
Ora che Terracina sta per dichiarare guerra alla Francia, penso che i francesi se la stiano facendo sotto. Del resto con i francesi ci sono precedenti non proprio a nostro favore: li attaccammo, vigliaccamente, quando i tedeschi avevo già vinto, e non riuscimmo neanche così, da vili, ad avanzare (chissà se i nuovi adulatori del dittatore se lo ricordano). Noi dichiarammo guerra agli alleati e come attaccanti subimmo il bombardamento di Genova da parte degli inglesi (fortuna che il mare era nostro, se era loro bombardavano pure Trento).
Sta di fatto che Nardi non mi pare votato a maggiori fortune.
Naturalmente sto nel paradosso come nel paradosso è l’idea che Acqualatina sia la testa di ponte della conquista di queste terre dalla parte dei francesi.
Ormai la politica è il luogo in cui si possono dire tutti gli strafalcioni del mondo. Se Berlusconi dice di essere meglio di Cavour, di Giolitti, di De Gasperi, allora Nardi può fare la guerra personale alla Francia. Può richiamare la guerra di civiltà, come Bin Laden.
Ma vi ricordate il dittatore, quello che attaccò con “la pugnalata alla schiena” la Francia già sconfitta? Ecco lui voleva difendere e diffondere la civiltà italiana nel mondo contro le potenze plutocratiche. Sapete come andò a finire. Mo’ Nardi ci riprova da Terracina, poveri noi.
E mi vien da dire se questa è l’Italia, viva la Francia. Almeno lì è gente seria, qua facciamo ridere.
Poi la Marsigliese mi è sempre piaciuta e Robespierre pure.


TERRACINA - Nardi vuole uscire da Acqualatina

Teresa Faticoni
«I francesi sono arrivati in Acqualatina in maniera diretta, hanno cambiato management (segnale preciso), hanno promesso a chiacchiere mari e monti, i risultati però ci confermano che la Società non rispetta gli impegni sottoscritti  con i Comuni». Il sindaco di Terracina Stefano Nardi ha preso carta e penna e scritto una lettera aperta ai colleghi di tutti i Comuni della provincia di Latina, a quelli di Anzio e Nettuno, Amaseno, Vallecorsa, Villa Santo Stefano e Giuliano di Roma. Tutti quelli che fanno parte dell’ambito territoriale ottimale 4. Quando uno crede di averle sentite davvero tutte, per stupirsi ancora può andare a Terracina. Ma lasciamo ancora la parola al primo cittadino della città del Monte Giove: «Non consento in maniera assoluta e non dobbiamo consentire che i mutui che abbiamo pagato non ci vengano restituiti: riprendiamoci dunque il nostro 51%, oppure si tenessero l’intera società». Ora, il prode sindaco Nardi dovrebbe sapere che “i francesi”, come li chiama lui, non sono arrivati in Acqualatina, perché ci sono sempre stati. Dall’inizio. La storia è cominciata quando, in seguito alla legge Galli, fu costituito l’Ato 4 (che comprende tutti i Comuni citati da Nardi nella sua missiva) e lo stesso fu uno dei primi in Italia ad avviare la gestione del Servizio Idrico Integrato affidandolo ad Acqualatina. La stessa è costituita a prevalente capitale pubblico (il 51% del capitale è detenuto dai Comuni dell'ATO 4 in proporzione alla popolazione residente). Il partner privato di Acqualatina (la francese Veolia) è stato selezionato tramite una gara europea e la gestione è stata affidata per 30 anni più 30. Ora, per farla semplice, è come se il Comune di Terracina volesse uscire dall’Europa, dichiarando che gli europei gli stanno antipatici e che l’Europa possono anche mettersela in saccoccia. Ma Nardi non demorde: «convocherò presto un Consiglio comunale per troncare il rapporto, non mi va che tra Istituzioni si agisca con decreti ingiuntivi, perché li farei anche a me stesso». Ecco. Li faccia a se stesso i decreti ingiuntivi. Perché anche senza andare nel merito della sparata scissionista Nardi fu uno dei primi ad approvare l’adesione del Comune di Terracina al mutuo che Acqualatina ha acceso con la Depfa Bank. Cosa è successo, dunque? La Gioconda fa ancora tremare lo spirito antifrancese di alcuni italiani? Il sindaco di Terracina va oltre, e lancia in resta, annuncia la sua battaglia filoleghista: «Riprendiamoci la nostra identità culturale e politica di popoli con antiche e nobili tradizioni, perché, ribadisco, i rapporti con le Istituzioni devono essere assolutamente rispettati. Se manca il rispetto allora meritiamo di essere colonizzati da loro e nel tempo sicuramente anche da altri».

FORMIA - Di chi sono gli spazi pubblici?

 Raffaele Vallefuoco
Giovedì 24 Settembre 2009

Monta l'indignazione a Formia tra gli esponenti della Destra Formiana. In particolare a far infuriare i componenti del sodalizio è l'utilizzo degli spazi pubblici e la Sala Ribaud del palazzo comunale, in primis. «Cambiano i partiti, cambiano le sigle, ma purtroppo, non cambiano le persone e soprattutto il loro modo di agire, ovvero, quello di predicare “popolo” e razzolare da élite privilegiata. Stiamo parlando del Pd di Formia, quelli che alla festa dell’Unità si travestono da popolani a suon di sagre e che poi in vista del congresso cittadino vestono di marca». Il riferimento è alla richiesta del Pd di usufruire della sala consiliare del Comune  venerdì e sabato per i lavori precedenti il congresso cittadino, che si terrà domenica. «Ci facciamo portavoce di molti cittadini indignati che obiettano legittimamente: chi pagherà lo straordinario ai dipendenti comunali che dovranno stare a disposizione del Pd per aprire e chiudere il Comune e la sala consiliare? Il Congresso si effettuerà in orari pomeridiani fino a sera, orari che esulano da quello ordinario di lavoro dei dipendenti comunali e quindi l’amministrazione dovrà pagare almeno dieci ore di straordinario - ipotizzano - soldi pubblici, soldi di noi cittadini. Il Pd di Formia ha due sezioni proprie a disposizione (in realtà sono tre ndr), pertanto può evitare benissimo questo spreco di denaro pubblico. Chiediamo quindi all’amministrazione comunale di non concedere la sala consiliare al Pd e di invitarli a tenere il congresso nelle proprie sezioni, o in alternativa di far pagare ai democratici l’affitto della sala così come si fa in tutti i comuni d’Italia al fine di ammortizzare i costi del personale, costi che  - ammoniscono - non possono ricadere sui cittadini per la voglia di apparire del Pd. Lo spreco di denaro pubblico è questione morale e chi si presta allo scialo ne risponderà davanti ai cittadini di Formia e ci chiediamo se tali operazioni siano legali o meno. Siamo certi che sindaco e maggioranza stiano dalla parte della gente». Tesi che, invece, viene rovesciata dagli esponenti del Partito Democratico. In sostanza, secondo i democratici, l'uso dei spazi pubblici assicura la trasparenza della politica. In particolare ad intervenire è la coordinatrice dei circoli Ada Filosa, che spiega: «Un partito, per quanto rappresentante di una sola parte, non è detto che non abbia diritto a fruire  degli spazi pubblici. Abbiamo fatto la richiesta, se ci fossero stati dei motivi ostativi, poteva anche essere  negata». E invece venerdì, prima, e sabato, poi, ospiterà due momenti propedeutici al congresso vero e proprio che si terrà nei tre circoli cittadini. «Quello che ci apprestiamo a vivere è un momento che vogliamo condividere con la cittadina. La politica  - sottolinea Ada Filosa - deve avere una funzione all'interno della città. l luoghi pubblici - afferma, ribaltando la tesi della Destra Formiana - devono essere abilitati di più alla politica perchè tutto diventi maggiormente trasparente. Proprio in questo senso abbiamo cercato uno spazio pubblico. Intendiamo aprire alla cittadinanza quello che è visto, a torto, solo la discussione di partito. Non a caso il nostro è un dibattito aperto alla cittadinanza». 

mercoledì 23 settembre 2009

Fondazione teatro di Latina, l’addio di Costanzo

 
Maria Corsetti

Il Teatro di Latina?Tutti lo vogliono e nessuno se lo piglia. Sono arrivate ieri mattina le dimissioni del direttore artistico della Fondazione palazzo della Cultura. «Sono dispiaciuto, ma non c’erano più le condizioni per procedere» la dichiarazione, più che sintetica di Maurizio Costanzo che aggiunge «Mi auguro che in futuro ci sia la possibilità di tornare a dialogare». Costanzo non è uno che non accetta le sfide eppure se ne va, con una certa eleganza peraltro «i cittadini di Latina sono stati particolarmente attivi nell'accompagnarmi in questo lavoro con presenze gratificanti». Tradotto: nulla da recriminare sul pubblico e su Latina, ma qualcosa non ha funzionato proprio all’interno della Fondazione. E Costanzo che nella vita non ha bisogno del teatro di Latina per esistere ha pensato bene di lasciare i problemi a chi li ha creati. Problemi con i quali a questo punto dovrà fare i conti il presidente della Fondazione, Maurizio Galardo. Inutile nascondere quello che già in maniera neanche tanto sottile era trapelato in estate quando la programmazione della nuova stagione teatrale fu annunciata con un semplice comunicato, quando, almeno in tutti i teatri del mondo, si allestisce una conferenza stampa. Scegliere di sussurrare un cartellone, con nomi di tutto rispetto, nel mese di luglio, quando i giornali sono ingolfati dalle programmazioni estive, era sembrato quanto meno singolare. Come non ricordare le precedenti presentazioni, con video ed effetti speciali, ospiti e vestiti buoni. «Apprendiamo con dispiacere delle dimissioni di Maurizio Costanzo da direttore artistico della Fondazione Palazzo della Cultura di Latina. Tali dimissioni – ha dichiarato ieri Galardo - aprono un periodo difficile per la Fondazione sia per il prestigio della persona che per la sua professionalità che viene a mancare. Nel ringraziarlo dell’opera sin qui svolta e, nonostante il vuoto artistico che Costanzo lascia, siamo certi che la Fondazione Palazzo della Cultura e la città di Latina riusciranno a dare la giusta continuità all’opera culturale sin qui svolta». Le dimissioni di Costanzo aprono un periodo difficile? Ma questo periodo, evidentemente, è aperto da un bel pezzo. Indimenticabile l’uscita di scena del precedente direttore artistico, Luca Barbareschi, con nomi e cognomi di chi non gli era andato proprio giù (e che comunque neanche lavora più in Fondazione, quindi non era quello il problema), con l’invettiva contro il sindaco, la città e i cittadini di Latina. Allora la colpa diventò tutta di Barbareschi. E a qualcuno la cosa deve aver fatto gioco.
Tirando le somme di questi anni di Fondazione Palazzo della cultura ci si chiede cosa è cambiato rispetto a prima, quando una stagione di prosa, una amatoriale, una di danza, una di teatro comico, c’erano lo stesso. Anzi, ce n’era anche una sperimentale.
Barbareschi aveva giocato la carta della mondanità: foderò il teatro di moquette nera per la serata di gala, chiamò a raduno i suoi amici attori da Roma. La provincia si sognò capitale, ma al risveglio scoprì che a mezzanotte era tutto finito e che i vip romani se ne erano tornati a Roma, lasciando Cenerentola senza carrozza.
Maurizio Costanzo aveva giocato sull’immagine: “Fascino Latina” è stata la sua invenzione, il punto dal quale era partito per raccontare una realtà che gli stava piacendo, che lo intrigava e per la quale si sentiva che avrebbe fatto. 
A questo punto sembra chiaro che qualcosa non andava già da allora. Solo che le uscite di Barbareschi erano così colorite da catalizzare tutta l’attenzione. Ma Costanzo? Dichiarare che non ci sono le condizioni e lasciare una porta aperta sul fatto che “in futuro mi auguro ci sia la possibilità di tornare a dialogare” dice tutto. Vediamo ora chi se la sentirà di dialogare con la Fondazione. Auguri.

Fondi e la “ruina” di Berlusconi



Lidano Grassucci



A Fondi sono ancora “sospesi”, non si capisce se sono mafiosi o meno (i consiglieri comunali). È uno stillicidio con i soliti informati che da mesi annunciano l’imminente scioglimento che non arriva mai. Ho richiamato spesso l’idea della “democrazia governante” di Bettino Craxi, l’idea di un governo che decide, invece…
Hanno chiesto, quelli del governo, di rifare la relazione al Prefetto che l’aveva già fatta. Chiaramente, giustamente, il Prefetto ha ribadito quel che pensa, quel che ritiene suo dovere. Altrimenti non l’avrebbe messo nero su bianco la prima volta. Posso non essere d’accordo sulle conclusioni del Prefetto ma credo che sia un funzionario che ha senso dello Stato e del suo dovere, e non poteva smentirsi. Lo stesso farà Maroni, che altrimenti sarebbe uno poco credibile. E siamo a dove eravamo, siamo al punto di partenza. Siamo ad una presa in giro di 30.000 cittadini della Repubblica italiana, gli italiani di Fondi.
Il governo deve decidere, deve scegliere, deve mettere la faccia. Deve governare. Da un anno e più Berlusconi non sceglie, quindi non governa.
Poi se sceglie per sciogliere Fondi fornisce argomenti importanti contro di lui al Pd e alle altre opposizioni, non si assume la condivisione delle scelte dei suoi e perde in “affidabilità”. Un capo che non tutela i suoi uomini che stanno nell’ultimo avamposto nel deserto non è un capo. Il tutto alla vigilia delle regionali.
Se non scioglie deve avere la forza di mostrare il petto al fuoco nemico e amico. A quelli dell’opposizione che ribadiranno le relazioni del Prefetto, la decisione di Maroni e i franchi tiratori suoi (Conte e Ciarrapico) che hanno contribuito a creare questa situazione imbarazzante.
Non so se Berlusconi (o Letta, boh fate voi rispetto a chi comanda sul serio) abbia mai letto il Principe di Machiavelli lì c’è che non bisogna farsi odiare dal popolo. Odio che è causa di rovina.
Insomma deve stare con quelli di Fondi non con i notabili, se non vuole firmare la sua “ruina”.

Teatro? Prendiamolo noi


Lidano Grassucci



C’era un pubblicità che diceva “grande pittura, grande pennello”. Vale a dire: se vuoi fare una cosa grande devi essere grande, devi pensare in grande. A Latina il teatro comunale ha cambiato già due direttori artistici, Barbareschi è stato sostituito da Costanzo che adesso “lascia”. Il primo caso è un caso, il secondo comincia a mettere in luce un problema. Credo che il nodo sia strutturale, professionale. Primo problema è l’approccio culturale. Noi a Latina ci pensiamo meno e cerchiamo sempre un santo in paradiso, non ci fidiamo di noi stessi. Per ricaduta i santi non mandano qui angeli ma “piccoli alchimisti” e tutto si riduce ad una “filiale” teatrale.
Mi vengono in mente le immagini di Asmara con le scritte sbiadite delle officine Fiat, casa madre in Italia e avamposti dimenticati in Africa.
Bisogna pensare alla grande, pensare non ad una forma di autarchia culturale, ma neanche una sudditanza culturale. Mettiamoci uno di questa terra che capisce di teatro, non debbo suggerire io, ma pensiamoci. Costanzo e Barbareschi che ricadute ci hanno portato?
Quando hanno parlato di Latina fuori Latina, mai. Allora dopo due “stranieri” giochiamo una carta nuova, uno di qui per provare. Che so, Pernarella “licenziato” da una certa miopia dell’amico Tombolillo. Io chiederei pure a Antonio Pennacchi, almeno è vivo e ha qualche cosa da dire. Mi direte è uno scrittore, e che fa. Un direttore artistico mica deve fare l’attore.
Proviamo con un direttore artistico che magari a teatro a Latina ci va pure, uno che puoi toccare, con cui parlare.
Pure gli ex schiavi d’America sono riusciti a fare capo uno di loro, uno che è bravo e da speranze. Beh proviamo, rimandiamo a casa viceré e corti varie e giochiamo una carta nuova, pensiamo alla grande. Facciamoci un teatro nostro, magari sbaglieremo, magari le prime cose non usciranno bene, ma poi. Ricordo quando arrivarono qua le prime auto giapponesi erano, no brutte, di più. Erano goffe, impresentabili. Oggi Toyota è la più grande fabbrica del mondo di auto.
I giapponesi ci hanno creduto, hanno sbagliato e si sono ripresi, ma adesso un Lexus è più elegante di una Mercedes. Proviamoci.
Nulla contro Costanzo che ha fatto il suo, ma questa città ha bisogno di ardire, di osare. Proviamo uno di noi. E quando arriva un caporale romano che si sente generale credendo che qui siamo tutti soldati semplici cominciamo a rispondere: ma che scuole hai fatto?
Cominciamo a pensarci non meglio ma pari. Pari.

APRILIA - Abbott, indietro non si torna

Teresa Faticoni
Dalle 200 mobilità non si torna indietro. Ieri presso Confindustria Latina il management del colosso farmacautico di Campoverde è stato irremovibile. Dal primo gennaio 2010 la multinazionale deve avere 200 informatori scientifici del farmaco in meno in organico. Una esigenza strutturale e non congiunturale dalla quale è impossibile recedere. I sindacati, come da classica tradizione vertenziale, hanno proposta un anno di cassa integrazione straordinaria. La richiesta va nel senso di prendere un po’ di tempo, per gestire meglio anche gli esuberi. Perchè la situazione è drammatica, sia per l’impatto sociale (solo una ventina andrebbero in pensione con lo scivolo tramite ammortizzatori sociali) sia per l’impatto economico. 200 persone in più sul mercato del lavoro sono tante. Proprio per questo i segretari di Cgil, Cisl e Uil categorie chimici hanno avanzato la proposta di attivazione del progetto Welfarma per un ricollocamento dei lavoratori in esubero. Di più: «al fine di attenuare l’impatto sociale, è stato chiesto di ridurre il numero degli esuberi anche attraverso la possibilità di ricollocamento del personale dichiarato in esubero sulle altre linee dell’informazione medico-scientifica». Naturlamente per coloro che andranno via le parti sociali si aspettano un importante incentivo economico. «Un incontro interlocutorio - commenta Armando Valiani della Ugl chimici - abbiamo gettato le basi per un ipotetico accordo che ci  attendiamo sia positivo anche se Abbott è già in mobilità».  Intanto partono le assemblee in Italia prima del prossimo incontro dell’8 ottobre.


«Perchè ho scelto Bersani»

Erminia Cicione e Giusy Porceddu sostengono convinte la mozione dell’ex ministro emiliano


Raffaele Vallefuoco

«Nessuna correntizzazione del partito» e la convinzione che chiunque verrà eletto «sarà il segretario di tutti». Ne è intimamente convinta Erminia Cicione, esponente del Pd formiano, afferente la mozione Bersani. Un Pd, che a Formia inizierà la fase congressuale sabato alle 17 quando, presso la sala Ribaud del Palazzo municipale, è convocata l'assemblea organizzativa. L'indomani, domenica, i tre circoli cittadini (Formia Centro, San Pietro e Maranola) ospiteranno le votazioni per l'elezione dei delegati alla convenzione provinciale e per l'elezione del segretario regionale. Ci spiega i caposaldi della mozione Bersani Giusy Porceddu, neo designata referente sud pontino`: «Bersani significa maggiore concretezza. Non lo dico come forma di contestazione, Franceschini è un ottimo candidato, ma resta sul piano ideale. I principi di cui si fa fregio mancano di concretezza. Bersani, invece, si pone su un piano di maggiore unitarietà nella sua visione d’insieme, godendo di un’approfondita competenza». Sul piano strettamento locale, invece, «il confronto con le forze in campo, dovrà partire dai punti in comune, come unico terreno di alleanze». Afferma Erminia Cicione: «E’ chiaro che stiamo parlando dell’elezione del segretario di un partito a livello nazionale e quindi le peculiarità delle tre mozioni si riducono su scala locale. Per quanto rigarda ancora le alleanze - afferma la Cicione - Bersani è convinto che da soli non si può vincere. Abbiamo bisogno di confrontarci con chi condivide un progetto, sia esso Di Pietro, parte rilevante della sinistra o l’Udc», non a caso vuole riesumare l’esperienza dell’Ulivo. La conclusione dell’afferente alla mozione Bersani è ancora nel segno di un comune sentire. La convinzione che chinque vinca, il Pd resta il primo partito riformista in Italia. «Il nuovo segretario dovrà lavorare nel segno dell’inclusione». Le mozioni sono quasi al completo. Se ne profilano quattro: due nel segno di Franceschini e una rispettivamente per Bersani e Marino. I membri del Pd, domenica, dovranno contribuire ad eleggere trecentoventi delegati alla convenzione provinciale, centosessanta dei quali espressi sulla base del numero delle tessere di ciascun circolo e l’altra metà sulla base dei voti espressi per il Pd alla Camera dei deputati nel 2008, mentre ben trentadue parteciperanno all’assemblea regionale e otto a quella nazionale per tutto il territorio pontino.

martedì 22 settembre 2009

Stato e nazione, non pari sono


Lidano Grassucci


Entro, un po’ di soppiatto, nel confronto che su queste colonne ha sollecitato Fabrizio Bellini. Nel 2011 è festa per 150 anni di nazione italiana, o di Stato italiano? Per una volta concordo con Bellini, anche se dissento sulla questione linguistica. L’unità linguistica non fa una nazione ma aiuta. Insomma non basta parlare la stessa lingua, ma se non si parla la medesima lingua difficilmente si fa altro.
Francesco Barbagallo, autore di L’Italia repubblicana (Carocci)  sul Corriere di ieri sosteneva: “siamo una comunità politica soltanto dall’Ottocento. Prima esistevano tanti Stati diversi con forti identità specifiche, spesso in guerra tra loro”. Ecco questo è un concetto errato, una idea che la nazione è un’armonia.
Una nazione è un concetto culturale non politico. La nazione tedesca non è venuta meno perché i tedeschi erano divisi, da un muro, in due stati, la Repubblica Federale e la Repubblica Democratica, di fatto in guerra tra di loro. Tanto che in uno spazio temporale di lustri anche lo Stato è tornato uno. Eppure i tedeschi tra le identità non hanno la “Fede comune”. I residenti della Baviera sono cattolici come i vicini austriaci. Insomma sono più vicini a chi appartiene ad uno Stato diverso. In realtà la nazione tedesca è anche l’Austria che “tedesca” è stata per qualche manciata di anni.
La Germania è una repubblica federale, dove l’unità nazionale tedesca non è stata mai in discussione, e lì le diversità sono così puntuali che si esaltano anche le città Stato.
L’Italia è molto più coesa (se Bossi sapesse): Italia ha coscienza di sè da secoli. Le differenze tra le parti sono molto più significative tra Genova e Pordenone che tra Genova e Palermo, più forti tra l’entroterra veneto e Venezia che tra questa e Spalato, o Ragusa, o Rodi.
Lo dico, ancora, ad uso di Bossi e dei bossisti che mischiano vicinato con Stato e nazione.
E’ vero che gli Stati italiani si sono fatti la guerra tra loro, ma Barbagallo dimentica che per secoli il mondo è stato l’Italia. Dimentica che la penisola era il centro del mondo (era l’America di oggi). Un’america conflittuale in cui New York non era il centro riconosciuto da tutti, ma aspiravano a diventare primi anche Chicago, Boston, Los Angeles.
Il centro del mondo era Venezia o Genova (che insieme era il commercio del mondo), Firenze o Milano.
150 anni  fa è nato lo Stato italiano, uno dei più giovani Stati del mondo (ma i tedeschi non sono più vecchi come stato unitario), in una delle più vecchie nazioni del mondo (come per i tedeschi). E qui c’è il 60% del patrimonio artistico del mondo. Per capire, Leonardo, Dante e Machiavelli (scusate se è poco) scrivevano in italiano e lo facevano parlando d’Italia.
Caro Barbagallo le guerre più brutte si fanno tra fratelli. E noi ci siamo sentiti sempre al centro del mondo: per un fiorentino è meglio essere suddito dei francesi che di uno di Siena, per me di Sezze meglio servire un americano che uno di Priverno. Perché gli “altri” semplicemente non sono.

lunedì 21 settembre 2009

Abbott, fatturato sceso dell’1%




Nell’ambito della vertenza Abbott si ridimensionano i numeri. La perdita di fatturato, in un primo momento stimata in 35 milioni di euro, è in realtà di 11,8 milioni. Abbott Italia, infatti, ha dichiarato 1186,8 milioni nel 2007 e 1175 nel 2008 con una perdita di 11,8 quindi. Il tutto rappresenta l’1% del fatturato totale. Per quel che concerne la vertenza relativa al licenziamento dei 200 informatori scientifici del farmaco il colosso farmaceutico incontrerà le organizzazioni sindacali mercoledì in Confindustria Latina. Siamo solo alle prima battute della lunga trattativa, ma è già chiaro che gli spazi di concertazione saranno piccoli. L’Abbott ha dichiarato 200 esuberi e indietro non si torna. Tutti a libro paga dello stabilimento di Campoverde, in provincia di Latina sono 20 le persone interessate dal procedimento. Da parte loro i sindacati chiedono che ci siano i classici criteri adottati nelle vertenze di mobilità: volontarietà e scivolo per la pensione. Ma in pensione ci andranno al massimo una ventina di persone. Per il resto i numeri stanno a rappresentare il difficile impatto sociale che deriverà da questa procedura.

Si parli di Stato non di nazione



Fabrizio Bellini

Ho un grande rispetto per il Professor Tommaso Padoa-Schioppa e una profonda ammirazione per la profondità della sua cultura. Unica ombra, la sua attività di Ministro del Governo Prodi nella quale i contorni del “non saper fare “ e del “non poter fare” stentano a definirsi in un giudizio che vorrebbe comporsi in assoluta obiettività. Reso onore all’uomo e allo studioso, vorrei semplicemente segnalare agli amici interessati l’articolo che il Professore ha pubblicato sul Corriere della Sera il 20 settembre scorso dal suggestivo titolo “Si parli di Stato non di nazione”. Padoa-Schioppa interviene con intelligenza nel dibattito, per la verità ancora appena abbozzato, sulle celebrazioni del terzo cinquantenario dell’Unità d’Italia e ricorda che 150 anni fa non è nata una Nazione, in quanto già esisteva, ma uno Stato, quello italiano. Ora, pur condividendo pienamente la sua posizione, per puro spirito di polemica, vorrei affermare che quando il Professore ci propone la lingua come elemento di dimostrazione dell’idea di Nazione, sbaglia. Dante, Petrarca e Machiavelli, che richiama a sostegno, non c’entrano niente. Altrimenti come si spiegherebbe la separazione degli Stati Uniti d’America dall’Inghilterra e della Spagna dal Sud America nonché, viceversa, la coesione della Svizzera? Difficile, come difficile sarebbe voler legare la definizione di nazione a elementi quali la razza, la religione o, peggio, a una comunità di interessi. Ma ha straordinariamente ragione quando ci ricorda che la nascita della nazione italiana è un fatto culturale mentre la formazione dello Stato italiano è un fatto politico. Ed è quello, solo quello, che va celebrato. Secondo me diventa, poi, genialmente affascinante quando scrive: “ La peculiarità della storia italiana non è la nascita recente della nazione, è la combinazione di una nazione precoce e di uno Stato tardivo”. Ora sappiamo tutti che della nostra bella lingua si è fatto scempio e che, forse, per il diffondersi delle semplificazioni legate al linguaggio televisivo, a Internet e agli sms, molti tendono ad usare il termine nazione come sinonimo di Stato e i più ignoranti lo confondono addirittura con paese. E’ questo il senso di questo mio noioso intervento: vorrei riproporre ai lettori giovani la definizione di nazione che, nel XIX secolo, Ernest Renan, ci ha lasciato in eredità. Affinché ogni cosa torni al suo posto e le parole mantengano un significato autentico. Se opportunamente posseduti i concetti di Renan potrebbero sostenere buona parte del dibattito sul federalismo, definirne gli ambiti ed evitarci la supina accettazione di tanti, troppi, luoghi comuni: “ Una nazione è un’anima, un principio spirituale. Due cose che in realtà sono una cosa sola, costituiscono quest’anima e questo principio spirituale: una è nel passato, l’altra nel presente. Una è il comune possesso di una ricca eredità di ricordi; l’altra è il consenso attuale, il desiderio di vivere insieme. La nazione è dunque una grande solidarietà, costituita dal sentimento dei sacrifici compiuti e da quelli che si è ancora disposti a compiere insieme. Presuppone un passato, ma si riassume nel presente attraverso un fatto tangibile: il consenso, il desiderio chiaramente espresso di continuare a vivere insieme.”

Il Pd che verrà, tre carte da giocare


Dibattito a Sezze nell’ambito della Festa democratica. Di Resta (Bersani), Moscardelli (Franceshini), Bartolomeo (Marino) a confronto



Lidano Grassucci



Parliamo di politica per quasi due e nessuno si sposta dalla sedia. E non parliamo di cose facili: identità di un partito; il modo di essere di un partito; come deve vivere un movimento politico e che sguardo deve avere sull’europa. Sono in campo le tre mozioni. Siamo a Sezze, festa del Partito Democratico, incontro organizzato da Enzo Eramo, capogruppo del partito in provincia. Giocatori, relatori, leader, chiamateli come volete, Claudio Moscardelli (linea Franceschini), Domenico Di Resta (Bersani), Sandro Bartolomeo (Marino). Discutiamo di politica senza barzellette e senza parlare di donne, di feste, senza parolacce.
L’identità. Che vuol dire quali sono le idee che “fanno” un partito. Moscardelli: “noi siamo un partito di centrosinistra, che ha dentro di se esperienze culturali differenti e che supera modelli che oggi mostrano il passo”. Il riferimento, senza citarlo, è alle socialdemocrazie europee. E continua: “Noi siamo dentro quel solco riformista che ha portato alla vittoria di Obama negli Usa, del partito de congresso indiano, del partito democratico giapponese”.
Sta dentro proprio il solco socialdemocratico Domenico Di Resta, ma non lo cita. In questa fase del dibattito c’è come “un fantasma che si aggira per l’Europa”, la socialdemocrazia. “Pensiamo ad un partito – spiega Di Resta – con una identità forte, che abbia elementi definiti che impediscano di dar vita ad un partito puramente tattico, un partito che non prevede distinguo e al primo dissenso chi sta in minoranza lascia. Vengo da un partito, il Pci, dalla identità forte questo gli ha consentito di essere aperto alla società, di avere capacità di comprendere opinioni differenti”
“Non serve – spiega Sandro Bartolomeo – una riedizione di identità immutabili, rigide, ferme che chiudono. Parlerei di profilo, un profilo capace di aprire non di chiudere. Vogliamo un partito che dica qualche cosa, che superi quela idea che abbiamo dato agli elettori di essere incapaci di decidere, di dire tutto e il suo contrario. Dobbiamo dire cose univivoche. Sul nucleare, noi siamo per il no. Non mi pare che altrettanta chiarezza la trovo altrove.
Il partito. “Dobbiamo continuare – spiega Moscardelli – l’esperienza delle primarie. Sono state un momento importante di partecipazione e di innovazione. Non è tempo di apparati pesanti, vengo dai partiti delle tessere, sono modelli anacronistici. Rivendichiamo la continuità con l’esperienza dell’Ulivo e con la sua forza riformista e di partecipazione. Pensiamo non ad un partito di iscritti ma ad un partito di elettori, un partito che abbia agganci piu’ ampi verso la società”.
“Non vedo un partito – spiega Di Resta - dove si vota su tutto. Non sono contrario alle primarie, ma certo mi pare anacronistico fare le primarie per il direttivo di Prossedi quando abbiamo difficoltà a trovare gente. Le primarie sono uno strumento per grandi scelte, il resto va fatto da una classe dirigente e da un partito strutturato. E anche le primarie vanno fatte con regole, cito sempre il caso di Sabaudi dove a votare per il Pd sono venuti assessori di An”.
“Ma bisogna scegliere – aggiunge Bartolomeo – dobbiamo avre un criterio di scelta e sono convinto che la consultazione degli elettori sia fondamentale in un partito che deve essere a-ideologico. Scegliamo, facciamo partecipae i cittadini. A Formia abbiamo vinto, quando mi sono candidato la prima volta, perché abbiamo (in una città moderata) saputo coinvolgere gli elettori proprio con le primarie. Eravamo innovativi, fortemente innovativi. Quello è il modello”.
Le alleanze. “Il partito democratico – spiega Moscradelli - nasce dall’incontro di esperienze politiche diverse, tra cattolici democratici e riformisti di sinistra. Non crediamo nel bipartitismo, ma nel bipolarismo. Ma noi, come Pd, rappresentiamo il centrosinistra e non abbiamo partner privilegiati in soggetti politici che dicono di stare al centro, di rappresentare il mondo cattolico. E’ nel Pd che già c’è stato quell’incontro. Noi dobbiamo guardare ad altre forze riformiste a sinistra”.
“Noi immaginiamo un Pd – sostiene Di Resta - dentro la tradizione europea, il bipartitismo non esiste neanche dove ci sono gabbie elettorali (leggi) piu’ forti delle nostre. Noi dobbiamo rappresentare la sinistra dello schiaramento politico, una sinistra in grado di trovare interlocutori anche tra i moderati. Se gli schemi non ci debbono essere è regola che vale per sempre”
“Guardate – insiste Bartolomeo – che rischiamo di non essere credibili, oggi la destra è in crisi. Ha difficoltà eppure noi non riusciamo ad intercettare quel dissenso, sono altri che traggono vantaggio da quella crisi. Perché? Ribadisco perché non siamo chiari. Io qui vi chiedo chiarezza sui temi, sul nucleare, sui temi eticamente sensibili. Non possono sentire la Binetti che dice che sul testamento biologico voterebbe come Berlusconi. Serve chiarezza, coerenza. Ma da voi non riceviamo risposte”.
Partito in Europa. “Noi siamo – interviene Moscardelli – una esperienza originale, sento la necessità di essere i continuatori di quella esperienza de La Margherita che staccò dallo schieramento di Destra il gruppo di Bayrou. E’ quello il modello a fronte di esperienze contradditorie e troppo legate al passato dei socialisti. Socialisti che non sono sempre europeisti, anzi spesso sono a capo di movimenti antieuropei. Sono esperienze che rispettiamo ma che vanno superate, esperienze rigide”.
“La sinistra in Europa è socialista – insiste Di Resta -, noi non neghiamo la portata della nostra esperienza politica, ma credo che non possiamo sottrarci al confronto con quanto avviene nel resto del continente. Non nego la mia storia, non possiamo non tener conto della sinistra del resto del continente, e non solo di quella socialista (vedete gli ultimi risultati elettorali in Germania). E’ in discorso che si lega all’identità, per me è il nodo e l’identità è la base del confronto di un partito ed è cosa che si definisce una volta per tutto, non è un profilo mobile che riguarda la tattica, non la strategia di un partito”.
“Continuo – dice Bartolomeo – a pensare ad un partito con un profilo forte, che sia laico nel senso di “autonomia” nelle scelte. Vengo da una storia e da una identità forte, non rinnego nulla del mio passato, ma è, appunto passato. Oggi dobbiamo dialogare, confrontarci sui temi e non su astrazioni, gli elettori ci capiscono se partecipano e se siamo chiari”.
Due ore di confronto. Tre tesi a confronto, gli elettori del Pd sceglieranno. Qui si discute di politica, ed è un piccolo miracolo. E non c’erano né calciatori, né veline.
Un miracolo.